Palpeggiare per scherzo è reato?

Palpeggiare per scherzo è reato?

Anche il toccamento dei glutei può violare la libertà sessuale. Le intenzioni dell’autore non contano se il gesto è volontario e manca il consenso di chi lo subisce.

Uno schiaffo non può diventare una carezza, nemmeno se chi lo dà cerca di essere gentile. Ma quando il gesto è meno pesante, come una pacca sul sedere, si apre lo spazio alle interpretazioni: spesso, la percezione di chi subisce il toccamento non corrisponde alle intenzioni (vere o soltanto dichiarate) di chi lo compie. Costui, resosi conto di averla fatta grossa, potrebbe dire: «Eh, l’ho fatto per scherzo!».

Fermiamoci qui, perché questo punto è importante: palpeggiare per scherzo è reato? La risposta a questa domanda richiede di considerare se e quanto contano le intenzioni dell’agente in una condotta che, di per sé ed oggettivamente, integra gli estremi del reato di violenza sessuale, in quanto è invasiva della libertà di chi la subisce senza aver espresso il suo consenso.

Per concretizzare questi principi, immagina questa scena, che avviene tra due persone estranee: un capotreno donna chiede un biglietto a un passeggero, che non lo ha. Così lo invita a scendere e lo accompagna all’uscita del vagone. In quel momento il passeggero, approfittando che la capotreno gli dà le spalle, le tocca il fondoschiena, palpeggiando le sue natiche per diversi secondi. La capotreno reagisce e sporge denuncia per violenza sessuale; nel processo, l’uomo si difende ammettendo il fatto, ma sostenendo di averlo compiuto «in modo scherzoso». Il caso arriva in Cassazione [1], dove i giudici di piazza Cavour respingono la tesi dell’imputato: non hanno dubbi ed affermano anche palpeggiare per scherzo è reato.

Indice:

1 Violenza sessuale: quando scatta?

2 Il palpeggiamento è violenza sessuale?

3 Anche il palpeggiamento per scherzo è reato?

Violenza sessuale: quando scatta?

Il reato di violenza sessuale [2] scatta quando «chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali». La norma non descrive specificamente le condotte punibili ma parla, in maniera molto ampia, di «atti sessuali», in modo da comprendere una molteplicità di azioni che ledono la libertà e la sfera di autodeterminazione di chi le subisce senza aver prestato il suo consenso.

L’interesse protetto dalla norma incriminatrice è la libertà sessuale della vittima, che va preservata da qualsiasi intrusione nella sfera della sua intimità corporea e psicologica. Chi subisce un atto sessuale non voluto, come una pacca sul sedere, vede pregiudicata la propria libertà di decidere in piena autonomia se e quando un’altra persona può invadere la sua sfera intima. Per questo, la legge punisce non solo le aggressioni che avvengono con violenza o minaccia, ma anche quelle più subdole che si realizzano con abuso di autorità, come ad esempio un insegnante su un allievo, o con l’inganno, come chi fa ubriacare una ragazza per approfittarne sessualmente.

La pena per il reato di violenza sessuale è la reclusione da sei a dodici anni, e può essere diminuita fino a due terzi nei casi di «minore gravità»: questa circostanza attenuante serve per adeguare la pena alla varietà dei casi concreti, che possono essere più o meno lesivi, e deve essere apprezzata dal giudice caso per caso.

Il palpeggiamento è violenza sessuale?

Rientrano nella nozione di «atti sessuali» non solo i rapporti completi, ma anche i toccamenti degli organi genitali (pur se di breve durata) e di diverse altre parti del corpo, anche se coperte da indumenti, come il seno, le cosce e le natiche, o di zone erogene normalmente scoperte, come il viso, le labbra ed il collo.

Così l’azione di toccare il sedere è violenza sessuale, non solo quando vengono palpati i glutei ma anche quando il contatto è fugace ed estemporaneo, come nel caso della cosiddetta “mano morta” che avviene spesso nello strusciamento sull’autobus o su altri mezzi di trasporto affollati.

Quindi, non c’è dubbio che il palpeggiamento integra il reato di violenza sessuale, quantomeno a livello del tentativo punibile, se la vittima reagisce subito e si allontana, così interrompendo la condotta delittuosa.

Il palpeggiamento, che avviene con la spinta della mano sui glutei della persona offesa, per realizzare la violenza deve avvenire con dolo, e dunque il gesto deve essere consapevole e volontario; se invece il contatto corporeo è soltanto accidentale, non sarà punibile.

Anche il palpeggiamento per scherzo è reato?

Il diritto di disporre liberamente del proprio corpo a fini sessuali è assoluto e incondizionato: quindi, le intenzioni dell’agente e tutti i motivi che lo hanno indotto a commettere il gesto, come la volontà di compiere uno scherzo, non hanno rilevanza e non possono scriminare la condotta di palpeggiamento che, come abbiamo appena visto, rientra nel reato di violenza sessuale perché è invasiva della libertà di chi lo subisce.

La Corte di Cassazione [3] ha ribadito di recente che la norma incriminatrice non richiede alcun «fine ulteriore e diverso dalla semplice consapevolezza di compiere un atto sessuale». Come ti abbiamo spiegato in modo approfondito nell’articolo “Palpeggiare una donna per scherzo: cosa si rischia?“, il movente non conta: è indifferente che si tratti di un desiderio sessuale, del tipo di impulso, del piacere provato compiendo il gesto o di un fine di gioco.

La nuova sentenza della Suprema Corte [1], che puoi leggere per esteso nell’apposito box sottostante, conferma in pieno questo orientamento, quando ribadisce che l’atto «deve essere definito come “sessuale” sul piano obiettivo, non su quello soggettivo delle intenzioni dell’agente». Il Collegio esclude che nella qualificazione della rilevanza penale della condotta e nella formulazione del giudizio di colpevolezza sia possibile riconoscere «attenuazioni derivanti dalla ricerca di un fine ulteriore e diverso dalla semplice consapevolezza di compiere un atto sessuale» quale è, appunto, il palpeggiamento, anche quando avviene solo per scherzo.

Se vuoi approfondire e conoscere altri casi simili leggi anche la nostra rassegna di giurisprudenza “Palpeggiamenti: ultime sentenze“.

Note:

[1] Cass. sent. n. 24872 del 25.06.2021.

[2] Art. 609 bis Cod. pen.

[3] Cass. sent. n. 13278 del 09.04.2021.

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