L’usucapione consiste in un mezzo previsto dal codice civile attraverso il quale si può chiedere al giudice di essere dichiarati proprietari di un bene altrui dimostrando di averlo posseduto per molto tempo.

L’usucapione non si forma attraverso la semplice detenzione o l’utilizzo del bene, ma con un comportamento che esclusivamente il proprietario sarebbe legittimato a compiere, ad esempio il cambio di destinazione d’uso dell’immobile, la demolizione, la ristrutturazione.

Un simile comportamento deve avvenire in modo “trasparente”, in modo che il legittimo titolare, se dovesse essere necessario, si possa opporre e reclamare la restituzione del suo bene.

L’usucapione non scatta esclusivamente con l’impiego del bene e con il decorso di venti anni, ci deve anche essere un comportamento di indifferenza del proprietario.

Quando la legge parla di usucapione vuole mettere in evidenza altre situazioni.

Quando si ha usucapione?

Il possessore deve utilizzare il bene altrui come se fosse di sua proprietà, esercitando i poteri tipici del proprietario, ad esempio coltivando un terreno, piantando alberi, costruendo recinzioni, trasformando un appartamento in un ufficio.

Dovrebbe avere un comportamento conforme alla finalità di trasbordare i diritti tipici accordati all’utilizzatore.

Il possesso non deve essere stato acquisito con violenza, non si forma l’usucapione per chi sottrae con la forza la casa al legittimo proprietario forzando la serratura o con altri metodi illeciti, e neanche in modo clandestino.

L’Usucapione non si forma se una persona, di nascosto, ogni notte si reca a dormire in casa altrui.

Se il possesso è stato ottenuto in modo legale, nonostante si abbia la piena consapevolezza dell’altruità del bene in oggetto, iniziano a decorrere i termini per l’usucapione.

Il possesso si deve deve essere protratto, a partire dal primo atto di utilizzo tipico del proprietario, per almeno venti anni.

Si può avere un’usucapione a dieci anni quando una persona acquista un immobile di proprietà altrui in forza di un contratto viziato.

Un’altra prerogativa è che il possesso deve essere continuativo.

Chi a volte si limita, con una frequenza inferiore a un anno tra un episodio e l’altro, ad entrare nella proprietà altrui non la può usucapire.

Il suo possesso deve essere continuato, basterà però provare la data nella quale lo stesso è iniziato.

Il proprietario si deve disinteressare del suo bene, non lo deve reclamare per i venti anni.

A interrompere i termini dell’usucapione non basterebbe però una semplice lettera di diffida, ma serve o un atto di riconoscimento della proprietà altrui sottoscritto dal possessore o la notifica allo stesso di un atto di citazione per riconsegna del bene, anche se, a seguito della notifica, la causa non viene poi proseguita.

Il possesso utile a usucapire non deve essere conseguenza dell’accondiscendenza del proprietario dovuta all’amicizia o alla conoscenza.

Se il possesso è stato acquisito con la tolleranza del titolare del bene non si può avere usucapione.

In condominio si possono usucapire le parti comuni a condizione che oltre ai requisiti necessari ne sia presente un altro.

Il possessore deve avere materialmente escluso gli altri condomini dallo stesso utilizzo del bene.

Ad esempio, in relazione a un parcheggio, deve avere delimitato l’area con una catena o una sbarra. Per il lastrico solare deve avere impedito agli altri l’accesso mettendo un lucchetto o un’altra serratura alla porta di accesso.

La stessa cosa vale per i beni in comunione come nel caso dei coeredi che abbiano ricevuto un terreno o una casa da dividere tra loro.

I venti anni per il calcolo dell’usucapione non possono effettuare dal giorno nel quale il possessore ha compiuto “atti che esclusivamente il proprietario poteva compiere”, visto che, in questo caso, il comproprietario ha la legittimazione ad eseguire ogni opera che possa incidere sul bene stesso, essendo egli titolare di una quota del bene.

Secondo la Cassazione, per usucapire i beni in comproprietà o in eredità è necessario escludere dal godimento del bene gli altri contitolari.

In altri termini il possessore deve utilizzare il bene in modo che nessun altro lo  possa fare nell’arco dei venti anni.

Oggetto dell’usucapione

Si possono usucapire case, appartamenti, ville, terreni e ogni altro immobile.

I beni mobili registrati come auto, moto o non registrati, e le universalità di mobili, vale a dire i beni diretti a u unico fine.

Non si possono usucapire i beni dei Comuni, ad esempio non si diventa proprietari del posto auto in una pubblica piazza perché si lascia ogni giorno la macchina, o dello Stato

L’usucapione nel codice civile

La disciplina giuridica dell’Usucapione è contenuta all’articolo 1158 e seguenti del codice civile.

L’articolo 1158 del codice civile, rubricato “Usucapione dei beni immobili e dei diritti reali immobiliari”

Recita:“La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per venti anni”.

La disposizione si occupa dell’usucapione ordinaria dei beni immobili. Per il suo ricorrere è richiesto soltanto il possesso continuato per venti anni.

Non serve un possesso pacifico di buona fede: l’eventuale contestazione nei confronti del possessore assume rilievo solo se determini interruzione.

  1. Legittimazione attiva.

1.1       – Può agire in giudizio, ai sensi dell’art. 1158 c.c., chi alleghi di avere tenuto per il periodo di legge una relazione di fatto con la cosa,

continua e non interrotta, intesa inequivocabilmente ad esercitare sulla stessa un potere corrispondente a quello del proprietario o del titolare di un diritto reale, manifestato con il compimento di atti tali da rivelare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria, in contrapposi¬zione all’inerzia del titolare.

1.2       – Quanto alle persone giuridiche (ad esempio, le società di capi¬tali e le fondazioni), dotate di soggettività giuridica ed autonomia patri¬moniale, esse debbono allegare un possesso direttamente riferibile alle stesse, pur se, in ipotesi, esercitato da un soggetto estraneo alla loro or¬ganizzazione, ma animato dalla volontà di riferire quel possesso alla medesima persona giuridica.

1.3       – Quanto agli enti non personificati (es. associazione), poiché essi non sono organismi unitari, né giuridicamente hanno una propria indipendente volontà, essendo il possesso e la detenzione autonoma un rapporto materiale diretto tra un soggetto e una cosa, con la volontà di esclusione di altri, solo i soci (o gli associati o i partecipanti) sono in una situazione di immanenza sulla cosa direttamente o a mezzo di un rappresentante e manifestano all’esterno la volontà di escludere chiun¬que altro da un’analoga situazione di immanenza sulla cosa stessa (cfr. Cass. 27 febbraio 1997, n. 1798 in tema di società semplice, in cui i so¬ci sono da considerarsi possessori del patrimonio sociale).

In ordine al condominio, non essendo né persona giuridica, né ente non personificato (sebbene la recente riforma ex legge 11 dicembre 2012, n. 220 contenga indici sintomatici di una tendenza ad attribuire una più marcata soggettività), il problema della legittimazione ad agire per le domande di accertamento dell’awenuto acquisto per usucapione di un immobile viene risolto nel senso che o agiscono tutti i condomini ovvero l’amministratore con mandato conferito da ciascun condomino ovvero lo stesso sulla base dell’unanime positiva deliberazione di tutti i condomini (T Monza 16.1.2013, n. 222).

  1. Legittimazione passiva ed onere probatorio in capo all’attore.

3.1 – Va ricordato che nel giudizio ordinario di usucapione, legitti¬mato passivo é il proprietario (o il possessore) del bene  e che, comun¬que, la sentenza dichiarativa dell’acquisto per usucapione non potrà avere alcun effetto di giudicato nei confronti dell’eventuale proprietario pretermesso, il quale potrà agire con l’opposizione di terzo.

Ciò premesso, il nostro ordinamento processuale impone l’identificazione del convenuto (rectius: che l’azione abbia un contraddittore legittimato avuto riguardo alla situazione sostanziale dedotta in giudizio), non essendo ammissibili domande giudiziali contro ignoti: ne consegue che l’attore che agisca per la dichiarazione di acquisto della proprietà di bene immobile per usucapione deve convenire in giudizio una persona specifica e, quindi, deve provare di avere fatto tutto il possibile secondo ordinari criteri di diligenza (anche in base al principio della vicinanza della prova) per individuare compiutamente il convenuto, e quindi il soggetto nei confronti del quale deve essere svolta la domanda.

3.2 – In tema di identificazione della controparte legittimata a contraddire alla domanda di usucapione ed alla corretta instaurazione del contraddittorio, sovente in giudizio viene prodotto soltanto il certificato catastale del bene oggetto di causa (che non è prova del diritto di proprietà, potendone, al limite, costituire semplice indizio), da cui risulta una più o meno completa identificazione dell’intestatario, in quanto sino al 23 luglio 1957 per l’intestazione catastale era sufficiente indicare nome, cognome e paternità del soggetto. Ciò premesso:

  1. a) ove in quel certificato risultino le generalità complete dell’intestatario (sicché la certificazione catastale è successiva al 24 luglio 1957), attraverso tali dati anagrafici di norma l’attore potrà risalire agevolmente all’identità del soggetto, attraverso idonee ricerche presso i registri di stato civile;
  2. b) ove nel certificato catastale siano indicati solo nome, cognome e paternità, l’attore deve provare di avere fatto tutte le possibili ed idonee ricerche anagrafiche anche inerenti tutti gli eventuali omonimi, residuando, in caso di esito infruttuoso, le seguenti alternative, per poter instaurare, almeno formalmente, un regolare contraddittorio:
  3. l’attore dovrà attivare la procedura per la nomina di un curatore dello scomparso ai sensi dell’art. 48 c.c., quando è presumibile che l’intestatario formale del bene sia ancora in vita (potendosi ciò ipotizzare per soggetti nati non oltre 100 anni prima, secondo un criterio statistico-convenzionale), ma di esso non vi siano tracce, nonostante l’ordinaria diligenza spiegata dall’attore in ricerche effettive (es. mancata notizia della residenza, mancanza del nominativo nel registro delle persone emigrate all’estero o, viceversa, risultanze di emigrazione, senza più notizie, neanche dopo ricerche attraverso le autorità consolari) ;
  4. l’attore dovrà attivare la procedura per la nomina di un curatore dell’eredità giacente, ai sensi dell’art. 528 c.c. quando:
  5. è certo che l’intestatario del bene sia deceduto (anche per dichiarazione di morte presunta);
  6. siano accertati la data ed il luogo della morte (in quanto quella procedura presuppone l’apertura della successione), anche ai fini della competenza funzionale del tribunale cui richiedere quella nomina;
  7. non si abbia alcun indizio circa l’esistenza di eventuali eredi e pur tuttavia non si abbia ancora nemmeno la “giuridica certezza” della loro inesistenza;
  8. non è ancora decorso il termine decennale di prescrizione per l’accettazione dell’eredità ex art. 480 c.c.
  9. in caso di soggetto presumibilmente morto secondo criteri di ragionevolezza (nel qual caso si dovrebbe attivare la procedura per la dichiarazione di morte presunta, cui sono legittimati, tuttavia, solo il P.M. o gli eredi, ex art. 58 c.c. e che potrebbe essere in concreto eccessivamente dispendiosa e macchinosa) e di impossibilità o estrema difficoltà di individuare gli eredi, ed in tutti i casi in cui, nonostante l’utilizzo dell’ordinaria diligenza residui l’obiettiva difficoltà nella identificazione del titolare del bene, potrà ricorrersi all’istituto (residuale ed eccezionale) della notificazione per pubblici proclami ex art. 150 c.p.c. : in tale ipotesi, comunque, il giudice della causa valuterà, in rapporto alle circostanze del caso concreto ed al fine di garantire una maggiore conoscibilità, se imporre anche la pubblicazione sintetica su un quotidiano locale ex art. 150, co. 2, c.p.c.;
  10. in estremo subordine, l’attore dovrà convenire in giudizio il Ministero dell’Economia (per effetto della devoluzione dell’eredità allo Stato ex art. 586 c.c.) qualora, a fronte della certezza o della presunzione di morte dell’intestatario del bene, vi sia la giuridica certezza dell’assenza di chiamati all’eredità o della mancata accettazione da parte degli stessi o quando sia prescritto il diritto di accettare l’eredità.

Va chiarito che, qualora sia convenuto in giudizio il chiamato all’eredità dell’intestatario formale del bene, il quale eccepisca il proprio difetto di legittimazione passiva per rinuncia all’eredità, quest’ultima integra un atto solenne, che deve compiersi con dichiarazione resa innanzi ad un notaio o al cancelliere competente e va inserita nel registro delle successioni ex art. 519 c.c., quale adempimento che la rende opponibile ai terzi (Cass. 30.10.1991, n. 11634). Ciò premesso, pur se, a norma dell’art. 53, co. 2, disp. att. c.c. quest’ultimo registro può essere consultato da chiunque, il convenuto ha l’onere di documentare quella registrazione, ai fini indicati.

  1. La mediazione (non) obbligatoria ex d. lgs. 4 marzo 2010, n. 68.

Alla luce delle considerazioni che seguono, è da ritenere che le cause in materia di usucapione non rientrano nella previsione degli artt. 2 e 5 d. lgs. n. 68/2010 e, pertanto, non sono assoggettate alla mediazione obbligatoria, per le criticità derivanti dalla natura del diritto azionato, dalla funzione e dalla natura della sentenza conclusiva del giudizio (sentenza di accertamento, dichiarativa di un effetto che si verifica ipso iure e non ope iudicis) e dalla valutazione dell’efficacia del verbale di conciliazione o accordo di mediazione.

4.1 – Premesso che, a norma dei citati artt. 2 e 5 d. Lgs. n. 68/2010, chiunque intenda promuovere una causa civile o commerciale vertente su diritti disponibili in materia (…) di diritti reali, deve previamente attivare la procedura di mediazione obbligatoria ivi prevista, quale condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria e che, pertanto, l’autonomia privata incontra alcuni limiti alla facoltà di risolvere o prevenire bonariamente i conflitti, come la capacità di disporre dei diritti che formano oggetto della controversia, va precisato che6:

  1. a) l’usucapione, quale modo di acquisto della proprietà o di altro diritto reale, è un effetto legale, sganciato dalla volontà negoziale delle parti (e del proprietario formale in primis), posto che la fattispecie acquisitiva si perfeziona ricorrendo i requisiti di legge (cfr., ex multis, Cass. 20 febbraio 1992, n. 2088);
  2. b) l’eventuale accordo accertativo potrà avere ad oggetto (il riconosci-mento de) i fatti che possono dar luogo all’effetto legale dell’usucapione e, quindi, dare certezza dell’esistenza di uno o più presupposti previsti dalle norme di legge, ma non potrà costituire un titolo su cui fondare un acquisito a titolo originario in assenza di quei requisiti;
  3. c) le dichiarazioni (di scienza o negoziali) dell’ipotetico usucapito sono di per sé insufficienti al fine di tale ultimo acquisto, dovendo comunque passare attraverso il vaglio giurisdizionale, nel contesto dell’intero compendio probatorio acquisto al processo.

Ne deriva che il diritto azionato con l’azione di usucapione non rientra tra quelli disponibili, previsti dall’art. 5 d. Lgs. n. 68/2010 e, quindi, per esso non vale la previsione della obbligatorietà della mediazione, potendo l’attore tentare la strada di quella facoltativa: al riguardo T Roma 8.2.2012 ha affermato che “solo l’accertamento del possesso ad usucapionem con effetti limitati alle parti può essere demandato all’autonomia negoziale e non anche l’accertamento del diritto di proprietà per intervenuta usucapione con valenza erga omnes: sicché si può ritenere che la mediazione in materia di usucapione debba essere circoscritta solo al superamento della lite riguardo all’esistenza dei presupposti di fatto. Pertanto, si potrà, anzi meglio si dovrà, attesa l’obbligatorietà della mediazione, ricorrere alla via conciliativa solo quando sussiste una controversia in fatto, con la conseguenza che se il fatto è pacifico tra le parti, l’usucapiente potrà direttamente instaurare il processo innanzi all’autorità giudiziaria, la quale, preso atto della mancanza della lite da conciliare, non potrà rilevare l’improcedibilità della domanda” (nello stesso senso, T Varese, 20.12.2011);

4.2       – In contrario non vale osservare che, a norma dell’art. 2643, co. 12 bis, c.c. (introdotto con il d.l. 21 giugno 2013, n. 69, conv. nella legge 9 agosto 2013, n. 98), “gli accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato” sono trascrivibili nei pubblici registri immobiliari.

Infatti, se tale previsione normativa ha fatto venir meno uno degli argomenti posto a fondamento della tesi della non obbligatorietà della mediazione, rimane la seguente fondamentale differenza:

  1. a) la sentenza di accertamento dell’usucapione è idonea a far nascere in capo all’usucapiente un diritto nuovo che, in base all’art. 2651 c.c. (che disciplina la trascrizione avente valore di pubblicità- notizia), sarà opponibile ai terzi, senza i limiti previsti dagli artt. 2644 e 2650 c.c. (priorità e continuità delle trascrizioni ed effetto c.d. prenotativo), contenendo un accertamento valevole “erga omnes” nel senso che la valutazione giuridica del rapporto operata dal giudice che ha pronunciato la sentenza, pur non esplicando tra la parte ed il terzo rimasto estraneo al giudizio la forza di giudicato nell’aspetto tipico considerato dall’art. 2909 c.c., fa parte tuttavia di quell’affermazione obiettiva di verità i cui effetti anche i terzi sono tenuti a subire (così Cass. 2 luglio 2003, n. 10435);
  2. b) l’efficacia del negozio di accertamento dell’usucapione incontra, invece, i suddetti limiti, essendo inidoneo ad incidere su posizioni giuridiche prevalenti (si pensi, a tacer d’altro, agli eventuali titolari di diritti reali di garanzia iscritti contro il precedente titolare del diritto usucapito), non avendo effetto (al pari degli altri atti elencati nell’art. 2643 c.c.) riguardo ai terzi che a qualunque titolo hanno acquistato diritti sugli immobili in base ad un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione degli atti medesimi.

Pertanto, poiché la soluzione del conflitto di interessi tra presunto usucapente e terzi, secondo il meccanismo degli artt. 2644 e 2650 c.c., costituisce la differenza sostanziale tra gli effetti della pubblicità della sentenza di usucapione e gli effetti della pubblicità dell’accordo concilia-tivo , l’efficacia del verbale di conciliazione non può ritenersi pienamente equiparabile alla sentenza accertativa dell’acquisto per usucapione (nel senso della sua inidoneità a fornire all’attore un risultato a quest’ultima pienamente equivalente: T Varese, 20.12.2011), ma al limite spendibile nel giudizio ai fini di una facilitazione probatoria (cfr. Trib. Catania, decr. 1 marzo 2012, secondo cui “i negozi di accertamento della proprietà e degli altri diritti reali non hanno efficacia costitutiva e non rientrano tra i modi di acquisto dei diritti reali, ma hanno piuttosto valore probatorio, nel senso che valgono a provare tra le parti l’esistenza della situazione giuridica accertata, salva la possibilità per ciascuna parte di offrire prova contraria (ossia di provare che la situazione reale è diversa da quella accertata). Ed infatti, secondo il sistema del diritto privato, l’atto ricognitivo di diritti reali non può essere ricompreso tra i mezzi legali di acquisto della proprietà, configurandosi invece come semplice atto dichiarativo che, in quanto tale, presuppone che il diritto stesso effettivamente esista secondo un titolo, onde – in difetto di tale titolo – esso non può crearlo e neppure rappresentarlo se non a. quest’ultimo effetto, attraverso l’esplicito richiamo e la menzione del titolo stesso (vedi Cass. n. 20198/04, Cass. n. 8365/00).

  1. Documenti da produrre in giudizio.

Oltre ai documenti eventualmente significativi di un possesso uti dominus (come ricevute di pagamenti di imposte e/o tasse, atti dispositivi, come locazioni o affìtti, vendita di prodotti), si richiede di norma il certificato speciale relativo alle trascrizioni a favore e contro ed alle iscrizioni a favore e contro inerenti il soggetto intestatario del bene ed l’immobile stesso, con decorrenza dalla data di acquisto (ove nota: potrebbe essere indicata, come avviene dal 1992, nello stesso certificato catastale) ovvero dall’impianto dei registri immobiliari ;

Potrebbe essere necessaria una visura storica catastale, anche per ricostruire eventuali frazionamenti verificatisi nel corso del tempo;

E’, poi, opportuno che l’attore produca una consulenza tecnica di parte, descrittiva dell’immobile da usucapire, anche mediante planimetria e documentazione fotografica (utile per l’eventuale esame testimoniale) e con attestazione del consulente della corrispondenza tra bene asseritamente posseduto dall’attore medesimo e particelle indicate in citazione ed oggetto di futura trascrizione della sentenza di accoglimento della domanda.

In mancanza (o in caso di necessità di chiarimenti), potrebbe rendersi necessaria una c.t.u.

  1. Prova testimoniale.

La prova testimoniale chiesta dall’attore non deve tendere ad una mera affermazione di un generico possesso ultraventennale, con clausole di stile, ma attenere a specifiche circostanze di fatto, realmente probanti (anche a livello presuntivo) della concreta esplicazione del potere di fatto sulla cosa per il periodo ininterrotto richiesto dalla legge, corrispondente a quello del proprietario o del titolare di uno “ius in re aliena”.

  1. Usucapione di immobili di enti pubblici.

Se i beni oggetto di possesso ad usucapionem appartengono a soggetti pubblici (in primis: Enti pubblici territoriali), è opportuno che la parte istante chiarisca sin dall’inizio la natura del bene in questione, anche riguardo l’appartenenza o meno al demanio, al patrimonio indisponibile (ad es., sottoposto a qualsivoglia vincolo pubblicistico) o disponibile, in ragione del diverso regime che a ciascuna categoria si ricollega e dell’efficacia di un’eventuale effettiva sdemanializzazione, anche tacita, o di una concreta sottrazione del bene alla sua destinazione ex art. 828 c.c.

Tale prova può, con tutta evidenza, avvenire anche attraverso attesta-zioni provenienti dall’ente stesso.

  1. Usucapione di immobili di edilizia residenziale pubblica.

L’attore, ove intenda usucapire immobili di e.r.p., deve chiarire se si tratta di beni costruiti o meno in base ad apposita legislazione che abbia previsto che abbia previsto una tale realizzazione per il perseguimento di una finalità pubblica a carico della finanza pubblica: in tal caso, infatti, in cui non sia la pubblica amministrazione a destinare un immobile ad un pubblico servizio, ma sia il legislatore, che ne decida la costruzione (come avvenuto per esempio con il d.l. C.P.S. 10 aprile 1947,

  1. 261 per le assegnazioni di alloggi ai senza tetto per cause di guerra;

o,         ancora, alloggi artt. da 252 a 255 del Testo Unico delle disposizioni sull’edilizia popolare ed economica, costruiti a carico dello Stato in conseguenza di terremoti; o, ancora gli immobili della INA- CASE etc) il bene rientra senz’altro nella categoria dei beni indisponibili non appena tale costruzione sia realizzata, non essendo necessario che la sua destinazione ad un pubblico servizio, già affermata dalla legge, abbia concreta ed effettiva attuazione attraverso un successivo provvedimento amministrativo (cfr. Cass n. 7269/2003; Cass. n. 2962/2012); correlativamente, la declassificazione dei beni appartenenti al patrimonio indisponibile per specifica determinazione legislativa deve avvenire in virtù di atto di pari rango, e non può, dunque, trarsi da una condotta concludente dell’ente proprietario, senza che a tal fine sia sufficiente la semplice circostanza obiettiva che detto uso sia stato sospeso per lunghissimo tempo (cfr. Cass. n. 3667/1998, secondo cui, in ordine alla possibilità giuridica di acquistare per usucapione la proprietà di beni che fanno parte del patrimonio indisponibile dell’ente pubblico non territoriale perché destinati a soddisfare il bisogno primario di una casa di abitazione di cittadini non abbienti, soccorre l’art. 828 c.c. e, tenuto conto che quel bene non è stato mai sottratto alla sua destinazione in uno dei modi stabiliti dalle leggi che lo riguardano, non è ammissibile l’usucapione della proprietà ne’ di altro diritto reale incompatibile con la sua pubblica destinazione; conf., Cass. 24 marzo 1955 n 869, Cass. 9 giugno 1987 n 5024).

Tale ragionamento vale anche nel caso di immobili appartenenti e/o gestiti dallo IACP o da altri enti non territoriali come l’agenzia del demanio.

Reggio Calabria, 20 marzo 2014.

Il coordinatore del gruppo “Vademecum usucapioni”

Giuseppe Minutoli (Presidente della seconda sezione civile)

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