Come difendersi se viene diffuso il proprio numero di telefono.

Come difendersi se viene diffuso il proprio numero di telefono.

Young businesswoman wearing headset while using computer. Row of operators are sitting at desk. They are working in call center.

Comunicazione a terzi del numero di cellulare altrui: il comportamento è un reato che giustifica peraltro la richiesta di risarcimento del danno.

Il numero di cellulare è diventato un bene prezioso da difendere coi denti nei confronti degli estranei, degli scocciatori, dei call center, dei pubblicitari. Eppure, la circostanza che l’utenza telefonica sia un dato sensibile, da tenere riservata, non è ancora entrata nella percezione popolare. Ed allora viene normale chiedersi: come difendersi se viene diffuso il proprio numero di telefono? È possibile sporgere una denuncia? Sulla questione sarà bene fare alcuni importanti chiarimenti.

Indice:

1 Diffondere il numero di telefono altrui è reato?

2 Come difendersi da chi diffonde il numero di telefono altrui?

3 Cosa rischia chi diffonde il numero di telefono altrui?

4 Come agire nei confronti di chi diffonde il numero di telefono altrui?

Diffondere il numero di telefono altrui è reato?

Chi è in possesso del numero di telefono altrui non può divulgarlo: non può cioè comunicarlo a terzi o diffonderlo, neanche se si tratta di una chat di vecchi amici o di colleghi di lavoro. Non almeno se non c’è il consenso del diretto interessato.

Il numero di telefono è infatti un dato sensibile, coperto da privacy ed il suo trattamento, in assenza di autorizzazione, è da considerarsi illecito. A tanto è pervenuta la Cassazione [1].

 

Secondo la Corte, integra il reato di trattamento illecito di dati personali la condotta del soggetto che, venuto in possesso del numero di utenza del cellulare di un altro soggetto, lo diffonda senza il consenso di quest’ultimo (nella specie, il numero era stato pubblicato in una chat pubblica). Il reato per chi diffonde il numero di cellulare altrui è previsto dall’articolo 167 del decreto legislativo n. 197/2003, il famoso «codice della privacy», oggi aggiornato dal Gdpr, il Regolamento europeo (il General Data Protection Regulation).

Come difendersi da chi diffonde il numero di telefono altrui?

Ci sono due modi per difendersi da chi diffonde il proprio numero di telefono: si tratta di due vie perseguibili anche cumulativamente.

Una prima via è quella della querela. Come abbiamo detto, infatti, la pubblicazione o la comunicazione a terzi dell’utenza telefonica integra il reato di illecito trattamento dei dati altrui. In tal caso, bisognerà rivolgersi alla polizia o ai carabinieri oppure depositare la querela direttamente presso la Procura della Repubblica.

La seconda via – che, come anticipato, può essere intrapresa insieme alla prima – è quella della richiesta del risarcimento del danno in via civile.

In entrambi i casi, bisognerà comunque fornire la prova dell’altrui comportamento illecito ossia della diffusione del dato sensibile. In più, nel processo civile, bisognerà dimostrare anche di aver subito un danno concreto e attuale, che non può essere presunto dal semplice fatto dell’illecito. Questo è sicuramente l’aspetto più difficoltoso di tutta la causa.

Cosa rischia chi diffonde il numero di telefono altrui?

In conseguenza di quanto abbiamo appena detto, il responsabile della diffusione del numero di telefono altrui rischia, da un lato, un’incriminazione penale, con la reclusione da 6 mesi a un anno e mezzo, nonché una condanna civile al risarcimento dei danni patiti dalla vittima.

Come agire nei confronti di chi diffonde il numero di telefono altrui?

Abbiamo detto che chi diffonde il numero di telefono altrui commette una condotta classificabile, da un lato, come reato – quello cioè di violazione della privacy – e, dall’altro, come produttivo di un danno e quindi passibile di una richiesta di risarcimento.

Risultato: il diretto interessato può procedere sia in via penale che in via civile anche contemporaneamente. A questo punto, è necessario un chiarimento.

Il processo penale ha lo scopo di comminare la punizione nei confronti del colpevole. Tramite la cosiddetta costituzione di parte civile, la vittima può chiedere, in quella stessa sede, una “provvisionale”, ossia una sorta di acconto del risarcimento del danno, in attesa di una definitiva liquidazione operata poi dal giudice civile in un autonomo e ulteriore processo.

Attenzione però: non è consigliabile agire contemporaneamente con la richiesta di risarcimento in via civile e con la costituzione di parte civile nel processo penale. Difatti, la costituzione di parte civile, rivolta ad ottenere in quella sede la provvisionale, sospende l’eventuale processo civile già instaurato precedentemente. Per evitare tale effetto si può optare per una di queste soluzioni:

si procede in via penale solo per la punizione del colpevole e, nello stesso tempo, si agisce in via civile per il risarcimento;

si procede solo in via penale, per la punizione del colpevole e (attraverso la costituzione di parte civile) per la richiesta di risarcimento; all’esito della condanna penale al pagamento della cosiddetta “provvisionale”, si agisce poi in via civile per la quantificazione completa del risarcimento del danno.

Note:

[1] Cass. pen. sen. n. 21839 del 2011.

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