Diffamazione telefono vivavoce.

Si può ascoltare una telefonata all’insaputa di uno dei partecipanti? Cosa rischia chi mette il telefono in viva voce e chi invece origlia?

Registrare una telefonata all’insaputa altrui è lecito e non costituisce reato. Ciò che non è consentito dalla nostra legge è la diffusione dell’audio. Il file può essere utilizzato solo per la tutela giudiziaria dei propri diritti (si pensi a chi voglia incastrare una persona tramite le sue stesse affermazioni) o per finalità di cronaca. Commette quindi violazione della privacy chi pubblica o inoltra il contenuto della comunicazione telefonica a terze persone.

A metà tra queste due condotte c’è quella di chi lascia il telefono in viva voce per far ascoltare ad altri, in tempo reale, la conversazione. Ciò potrebbe avvenire per puro spirito di condivisione di un fatto riservato oppure per procurarsi la prova testimoniale, dei terzi in ascolto, delle dichiarazioni nel frattempo rese dall’altro soggetto. In proposito, ci si è chiesto se sia diffamazione il telefono in vivavoce.

A tale dubbio ha fornito risposta, più di una volta, la Cassazione. Cerchiamo di fare il punto della situazione.

Indice:

1 Chi ascolta una telefonata in viva voce commette reato?

2 Chi origlia una conversazione altrui commette reato?

3 Chi mette il telefono in viva voce commette reato?

4 Testimonianza di chi ascolta la telefonata altrui.

Chi ascolta una telefonata in viva voce commette reato?

Come chiarito nel 2013 dalla Cassazione [1], non commette reato chi assiste ad una conversazione telefonica svoltasi fra altre persone se autorizzato da una delle stesse. Di conseguenza è utilizzabile, in un processo, la testimonianza resa da colui che ascolti il colloquio in modalità viva voce anche se il soggetto che si trova dall’altro lato della cornetta non è al corrente di ciò.

Chi origlia una conversazione altrui commette reato?

Diversa è l’ipotesi di chi si mette ad origliare una conversazione se non è stato «autorizzato» da uno dei partecipanti alla conversazione stessa. In tal caso, si commette reato di interferenze illecite nella vita privata. Questo perché il segreto della corrispondenza – non solo quella scritta, ma anche telefonica – è tutelato dalla nostra Costituzione.

Chi mette il telefono in viva voce commette reato?

Come non commette reato chi ascolta la telefonata altrui in quanto autorizzato, non lo commette neanche chi mette il telefono in viva voce. Difatti, è facoltà di ciascuno dei conversanti porre a conoscenza di altri quanto percepisce.

Secondo la Cassazione rientra nel rischio dei partecipanti al dialogo di vedere diffuse le proprie affermazioni, insito in qualsiasi rapporto interpersonale.

Quindi, non commette diffamazione chi mette il telefono in viva voce, neanche se il contenuto della conversazione può essere riservato e riguardare elementi sensibili e riservati dei partecipanti.

Testimonianza di chi ascolta la telefonata altrui

La prova della conversazione telefonica avuta con altri può essere sempre ottenuta tramite la registrazione della telefonata stessa, registrazione che – come si è detto prima – è pienamente lecita in quanto, secondo la giurisprudenza, chi parla accetta il rischio di essere registrato.

La registrazione è tuttavia una riproduzione meccanica che, soprattutto nel processo civile, può essere inficiata da una contestazione della controparte in merito alla genuinità della stessa. Si pensi a un audio non perfettamente chiaro o all’impossibilità di ricostruire il momento storico in cui è avvenuta la telefonata.

Allora, per non rischiare, si potrebbe utilizzare il viva voce e far ascoltare a terzi la chiamata in modo da chiamare questi ultimi, in un successivo processo, come testimoni della conversazione e, quindi, delle dichiarazioni in essa rese.

Come anticipato sopra, secondo la Cassazione, è lecita la testimonianza resa da chi abbia ascoltato una telefonata altrui, con il consenso di almeno uno dei due partecipanti. In tal modo, è possibile integrare o sostituire la prova della registrazione.

È anche vero, tuttavia, che le dichiarazioni del testimone non possono essere prese dal giudice come “oro colato”: il magistrato è sempre tenuto a vagliare l’attendibilità del teste e a valutare le sue affermazioni secondo il proprio «prudente apprezzamento».

Tanto è stato più volte confermato dalla Suprema Corte [2] secondo cui la legge non prevede alcun divieto circa la registrazione e la successiva utilizzazione di colloqui a viva voce o telefonici da parte di uno dei soggetti direttamente interessati. Nell’ipotesi in cui il partecipante sia un minore, il consenso alle predette operazioni ed attività può essere dato correttamente da uno dei due genitori.

Note:

[1] Cass. sent. n. 15003/2013.

[2] Cass. sent. n. 13184/21 e sent. del 8.11.1991.

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