Telemarketing: possono chiamarmi se ho negato il consenso?

Le telefonate a scopi promozionali e commerciali sono illecite se il consumatore ha già manifestato la volontà di non volerle ricevere. Come difendersi?

Sfuggire alle grandi aziende che fanno telefonate ripetute ed insistenti a scopi commerciali non è facile. Molti italiani sono bersagliati da squilli continui, e sgraditi, che arrivano sul cellulare negli orari più disparati, anche quando si è al lavoro o a pranzo. Per mettersi al riparo da questo telemarketing aggressivo la legge prevede un modo drastico: negare il consenso a ricevere questo tipo di comunicazioni, oppure revocare il consenso già espresso in precedenza. Ma nonostante ciò le telefonate dei call center spesso proseguono, come se nulla fosse.

Nel telemarketing possono chiamarmi se ho revocato il consenso? Gli operatori non possono aggirare il divieto espresso dal consumatore, neppure per cercare di ottenere un ripensamento, un nuovo “sì” a ricevere ancora proposte commerciali telefoniche. Lo ha affermato a chiare lettere la Corte di Cassazione [1] respingendo il ricorso di Telecom, che aveva intrapreso una grossa campagna di telemarketing: cercava di recuperare il consenso al trattamento dei dati personali che era già stato loro negato in precedenza. Questa importante pronuncia dovrebbe fare chiarezza per il futuro, mettendo un paletto alle attività indiscriminate dei call center delle grandi aziende.

Tieni presente che i rimedi offerti dalla legge, nella maggior parte dei casi, sono preventivi: quindi, non è necessario agire in via giudiziaria, a meno che le telefonate moleste non proseguano nonostante le opposizioni del destinatario e ledano i suoi diritti alla tranquillità o alla salute.

Indice:

1 Telemarketing: quali regole?

2 Telemarketing aggressivo: come difendersi?

3 Approfondimenti

Telemarketing: quali regole?

L’attività di telemarketing, che consiste nelle proposte commerciali fatte per telefono, è regolata dalla legge quando le chiamate provengono dal call center incaricato dall’azienda o direttamente dal suo personale interno. Rimane libero invece il canale opposto, cioè il contatto che si instaura su iniziativa del cliente che chiama la società per ricevere informazioni.

Esiste un Registro pubblico delle opposizioni, regolamentato dalla legge [1]: chiunque si può iscrivere gratuitamente, chiedendo che il proprio numero telefonico venga escluso dalle chiamate a scopi pubblicitari, promozionali e commerciali (per sapere come fare leggi “Telefonate commerciali: come opporsi?“).

Le telefonate ricevute in seguito sono illegittime ed è possibile effettuare un reclamo o una segnalazione al Garante privacy (Autorità per la protezione dei dati personali) utilizzando il modello presente sul sito istituzionale.

Il Registro delle opposizioni, però, non è sufficiente ad impedire di ricevere telefonate quando il consenso era già stato manifestato dall’interessato. Può accadere di farlo anche inavvertitamente, ad esempio in occasione dell’acquisto di beni o servizi o di iscrizione a newsletter del fornitore. In tali casi, le aziende possono continuare ad inviare messaggi e telefonate, a meno che l’interessato non revochi il consenso precedentemente espresso nei loro confronti. Da quel momento non sarà possibile inviare ulteriori comunicazioni promozionali al consumatore.

Telemarketing aggressivo: come difendersi?

Che fare se nonostante il diniego a ricevere comunicazioni, manifestato preventivamente con l’iscrizione nel Registro delle opposizioni o in seguito con la revoca del consenso, i call center continuano a telefonare, realizzando una strategia di telemarketing aggressivo? Devi sapere che il “recupero del consenso” non è consentito ed anzi è vietato dal dissenso manifestato in precedenza dal consumatore.

Proprio questo diniego deve bloccare le future telefonate provenienti da quell’azienda che si è vista revocare il consenso all’invio di ulteriori comunicazioni. La Corte di Cassazione, nella nuova sentenza cui abbiamo accennato all’inizio [1], ha bocciato la tesi di Telecom secondo cui il cliente veniva contattato solo ai fini di un “ripensamento” e non per nuove offerte di servizi. Per l’azienda, quell’attività non era da considerarsi commerciale, ma la Suprema Corte ha bocciato questa tesi ed ha confermato il provvedimento sanzionatorio emanato dal Garante privacy.

Si trattava di comunicazioni promozionali che il cliente aveva già dichiarato di non voler ricevere: questa volontà non poteva essere vanificata da ulteriori “tentativi” svolti con nuovi contatti, instaurati a scopi evidentemente commerciali. Gli Ermellini sottolineano che i dati personali trattati in violazione della disciplina sul trattamento, comprendenti anche il numero di telefono, «non possono essere utilizzati», stante il divieto espresso dal Codice privacy [3]

Visto l’orientamento espresso dai giudici di legittimità e dall’autorità Garante, è possibile finalmente dire stop ai seccatori sui cellulari. Ricorda di non dare mai il consenso al trattamento dei tuoi dati personali, neanche per scopi promozionali, pubblicitari e commerciali, se non sei pienamente consapevole del contenuto dell’informativa che ti viene sottoposta. In molti casi, è sufficiente sottoscrivere solo il consenso necessario a fruire del servizio al quale si è interessati, senza doverlo estendere ad altre categorie di comunicazioni, soprattutto a quelle di «partner e soggetti terzi».

Note:

[1] Cass. sent. n. 11019 del 26.04.2021.

[2] L. n. 5/2018; D.P.R. n. 149/2018; D.P.R. n. 178/2010.

[3] Art. 7, comma 4, e art. 11, comma 2, D.Lgs. n.196/2003, modificato dal D.Lgs. n. 101 del 10.08.2018.

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