Infortunio in itinere con autovettura privata.

Quando avviene un incidente su un mezzo privato nel percorso casa-lavoro è possibile ottenere l’indennizzo Inail?

Il lavoro richiede anche il tempo necessario per arrivarci e per tornare a casa. A volte, occorrono parecchie ore. Questo lo sappiamo tutti ed è un costo aggiuntivo inevitabile, tranne che per chi svolge le prestazioni in smart working. Ma se succede un incidente in questo tragitto e rimani infortunato, chi ti paga? Questo tipo di eventi è chiamato infortunio in itinere proprio perché avviene lungo il percorso dall’abitazione al luogo di lavoro o viceversa. Per questi eventi è prevista una speciale tutela assicurativa. Puoi essere indennizzato dall’Inail come se l’incidente si fosse verificato in fabbrica, in ufficio o in azienda.

Se l’infortunio in itinere accade con un’autovettura privata le condizioni cambiano: qualcuno potrebbe eccepire che non c’era la necessità di usare la macchina, ma avresti potuto usare il treno o i mezzi di trasporto pubblico urbano o extraurbano. E, in linea di massima, avrebbe ragione ad esprimere tale rilievo, dicendo no alla tua domanda di risarcimento. Infatti, una delle condizioni per avere diritto all’indennizzo è che ci sia stata l’effettiva esigenza di ricorrere all’automobile e non si tratti di una scelta fatta solo per avere una maggiore comodità.

Questo requisito, però, è interpretato dalla giurisprudenza in senso elastico: se il luogo da raggiungere è mal collegato con i mezzi pubblici, allora l’uso della macchina è consentito e il risarcimento spetta. Come vedrai tra poco, conta molto il tempo di viaggio: se l’alternativa è decisamente a favore dei veicoli privati, puoi ricorrervi senza timore.

Indice:

1 Infortunio in itinere: cos’è e quando si applica

2 Infortunio in itinere: condizioni per l’indennizzo

3 Infortunio in itinere su mezzi di trasporto

4 Quando l’uso dell’autovettura privata è giustificato

5 Se il luogo di lavoro è mal collegato posso andare in auto?

6 Infortunio in itinere su auto privata: approfondimenti.

Infortunio in itinere: cos’è e quando si applica

L’infortunio in itinere è quello che avviene ad un lavoratore durante il percorso di andata e ritorno dall’abitazione al luogo dove deve essere resa la prestazione lavorativa. Se tale evento si verifica, è coperto per legge [1] da tutela assicurativa attraverso un indennizzo erogato dall’Inail, l’Istituto nazionale per le assicurazioni e gli infortuni sul lavoro.

La norma dispone che «salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l‘assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro». Sono compresi anche gli spostamenti per usufruire dei pasti all’esterno, se manca una mensa aziendale.

Infortunio in itinere: condizioni per l’indennizzo

Per essere indennizzabile, l’infortunio in itinere deve avvenire sul consueto percorso casa-lavoro, senza deviazioni, a meno che esse non siano imposte da necessità (come una strada chiusa per lavori in corso) o da altre «esigenze essenziali ed improrogabili». Inoltre, l’incidente deve verificarsi in un orario compatibile con quello di arrivo al lavoro o di rientro a casa.

Sono esclusi dall’indennizzo «gli infortuni direttamente cagionati dall’abuso di alcolici e di psicofarmaci o dall’uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni». Se il sinistro avviene a bordo di un veicolo, l’assicurazione Inail non opera se il conducente è senza patente di guida.

Infortunio in itinere su mezzi di trasporto

Il tragitto, a seconda dei casi, può essere compiuto a piedi oppure, come normalmente avviene, con mezzi di trasporto, pubblici o privati. Se l’incidente si verifica a bordo di un qualsiasi mezzo pubblico non sorgono ostacoli all’indennizzo. Diversamente, accade se si utilizza un mezzo privato, come la propria autovettura o quella di un collega che compie lo stesso percorso, o di un parente o amico che accompagna il lavoratore. In questi casi, la norma richiede che l’uso del veicolo privato sia «necessitato» dalle circostanze.

Quando l’uso dell’autovettura privata è giustificato

La giurisprudenza ha esteso notevolmente il concetto di necessità dell’uso di autovettura privata ai fini del riconoscimento dell’infortunio in itinere. Non si tratta di una condizione rigidamente imposta, ma può ben adattarsi in maniera flessibile alle concrete esigenze e circostanze del caso. Ad esempio, l’uso dell’autoveicolo privato è stato ritenuto giustificato:

in assenza di mezzi pubblici di trasporto che collegano i luoghi di abitazione e di lavoro;

in caso di mancata coincidenza degli orari di linea dei mezzi pubblici con quelli degli spostamenti del lavoratore;

in caso di obiettivo disagio dall’impiego dei trasporti pubblici, per cambi di linea o attese tali da rendere i tempi di percorrenza eccessivi.

Se il luogo di lavoro è mal collegato posso andare in auto?

Con una nuova sentenza il Tar Lazio [2] ha dato ragione ad un lavoratore (un militare dipendente dal ministero della Difesa) che aveva usato la macchina di un collega per andare a casa in licenza. Con il treno avrebbe impiegato almeno otto ore; con il pullman addirittura undici. Invece, con l’autovettura privata ha coperto la distanza (450 chilometri) in meno di cinque ore. Di fronte a tale situazione, i giudici amministrativi hanno riconosciuto che la decisione di andare in macchina non era affatto arbitraria, o anomala, ma rientrava nell’uso «necessitato» da tali circostanze.

Questa pronuncia non è isolata: anche la Corte di Cassazione [3] in un caso riguardante un lavoratore del settore privato, ha riconosciuto che l’uso del mezzo privato in alternativa a quelli pubblici è ammesso quando consente di arrivare alla sede in condizioni psicofisiche migliori, così da svolgere le proprie mansioni in modo più efficiente, ed anche di tornare a casa in tempi ragionevoli.

«L’uso del mezzo proprio non è di ostacolo all’indennizzabilità, sempre che esso sia necessitato, nel senso che non sussista altra agevole e meno rischiosa soluzione», afferma la Suprema Corte in un’altra sentenza [4], riconoscendo che «è sufficiente una necessità relativa», deducibile dal lavoratore attraverso «molteplici fattori, non definibili in astratto», ma ricorrendo alle concrete esigenze.

Note:

[1] Art. 12 D.Lgs. n. 38 del 23.02.2000.

[2] Tar Lazio, sent. n. 4258 del 12.04.2021.

[3] Cass. sent. n. 7313 del 13.04.2016.

[4] Cass. sent. n. 16835 del 07.07.2017.

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