Coerede fa lavori su beni comuni: va rimborsato? Cassazione ordinanza. n. 8938 del 31 marzo 2021.

Coerede fa lavori su beni comuni: va rimborsato?

Cassazione ordinanza. n. 8938 del 31 marzo 2021.

L’indennità spettante per le migliorie ottenute sull’immobile non esclude la possibilità di farsi restituire le spese sostenute, se conviene di più.

Succede in moltissime famiglie: dopo la morte dei genitori, uno dei figli, anche senza il consenso degli altri, si prende la briga di ristrutturare gli immobili paterni o materni. Di solito, si incarica di tali lavori chi è rimasto a vivere in zona, mentre gli altri fratelli e sorelle sono distanti o comunque non vogliono impegnarsi. Il fatto è che, sino al momento in cui non si effettua la divisione ereditaria per la ripartizione dei beni tra gli eredi, l’immobile è ancora in comproprietà: questo comporta che la decisione sui lavori da svolgere dovrebbe essere assunta da tutti o, almeno, a maggioranza.

Spesso, però, l’iniziativa viene intrapresa autonomamente da uno solo, talvolta all’insaputa degli altri e in qualche caso addirittura in malafede, magari pensando di entrare così in possesso del bene e di poterlo poi usucapire. Al di là di questi casi particolari, prima o poi, si arriva sempre alla resa dei conti (finanziari) con gli altri comproprietari e la domanda classica è: «Il coerede che fa lavori su beni comuni va rimborsato dagli altri comproprietari?».

Facendo due conti, c’è da considerare il valore delle migliorie apportate all’immobile, ma esse potrebbero anche non esserci, come quando i lavori si sono limitati ad un restauro conservativo: perciò, nonostante l’intervento edilizio compiuto, il bene non ha aumentato il suo valore commerciale o le sue possibilità di utilizzo e sfruttamento economico. Le spese, invece, ci sono sempre, e sarebbe ingiusto negarne il rimborso a chi comunque ha agito a vantaggio di tutti. La giurisprudenza, dopo lunghi contrasti e ripensamenti, ora ritiene che almeno quelle vadano riconosciute a chi le ha sostenute; ma in parecchi casi è più conveniente chiedere proprio il rimborso di esse, anziché l’indennità sulle migliorie, tenuto conto del fatto che queste ultime vanno “spalmate” tra i coeredi in base alle loro rispettive quote, mentre i costi dei lavori sono stati sostenuti solo da chi li ha effettuati e, perciò, il loro rimborso sarà integrale.

Indice:

1 La comunione ereditaria e la divisione dei beni

2 La gestione degli immobili in comunione ereditaria

3 Il rimborso delle spese sostenute dal coerede

4 Indennità al coerede che apporta migliorie all’immobile.

La comunione ereditaria e la divisione dei beni

Al momento della morte di una persona, il suo patrimonio si suddivide tra gli eredi secondo le regole della successione, legittima o testamentaria. Gli eredi diventano tali nel momento in cui accettano, anche tacitamente, l’eredità. Da quel momento, essi entrano in comunione ereditaria dei beni e diventano titolari di una quota ideale del patrimonio ancora indiviso del defunto, detto “asse ereditario”.

Soltanto quando si arriva alla divisione – che può essere consensuale se vi è l’accordo, oppure giudiziale in caso di contrasti, o testamentaria, se il defunto ha provveduto alla suddivisione – i beni che compongono l’asse ereditario vengono ripartiti ed attribuiti in base alle quote spettanti a ciascun erede.

L’immobile non divisibile o frazionabile in parti concretamente utilizzabili in modo autonomo va attribuito per intero ai coeredi che hanno diritto alle quote maggiori (i quali dovranno rimborsare gli altri dell’eccedenza) o a coloro tra essi che ne chiedono l’attribuzione congiunta; se vi è disaccordo il bene viene venduto all’asta con incanto e i coeredi si soddisferanno sul ricavato [1]. Per approfondire i possibili esiti di queste vicende leggi l’articolo “comunione ereditaria: come funziona e come si divide“.

La gestione degli immobili in comunione ereditaria

Fino a quando non viene compiuta la divisione ereditaria, gli immobili che appartenevano al defunto devono essere gestiti dai coeredi secondo le regole tipiche della comunione ordinaria sui beni: è un regime che opera per legge a prescindere dalla loro volontà e non può essere derogato, tant’è che si parla anche di “comunione necessaria” o “forzosa”. L’unica possibilità per uscire dai vincoli che comporta la contitolarità dei beni tra i coeredi è appunto quella di chiedere la divisione, in modo che a ciascuno venga assegnata la sua specifica quota e porzione di proprietà esclusiva.

La gestione degli immobili in comunione ereditaria è tipicamente collettiva, in quanto tutti i comproprietari hanno per legge [2] il diritto di concorrere all’amministrazione dei beni e, in caso di dissidi, prevarrà la maggioranza dei partecipanti alla comunione calcolata secondo il valore delle quote; ma per le innovazioni volte al miglioramento del bene – come spesso sono le opere di manutenzione straordinaria sugli immobili – è necessaria la maggioranza qualificata dei due terzi del valore della proprietà [3].

Il rimborso delle spese sostenute dal coerede

La legge [4] dispone in via generale per qualsiasi tipo di comunione – dunque, non solo quella ereditaria – il pieno diritto al rimborso al partecipante che «in caso di trascuranza degli altri» ha dovuto sostenere spese necessarie per la conservazione della cosa comune. Egli potrà quindi rivolgersi a ciascuno degli altri coeredi in proporzione delle rispettive quote, fatta salva ovviamente la quota di spesa di sua personale spettanza che resterà a suo carico.

Gino ha sostituito d’urgenza i frontalini esterni, che erano pericolanti e pericolosi, sul balcone dell’abitazione di sua madre defunta. I lavori sono costati 1.500 euro e lui ha sostenuto interamente questa spesa. Ora, i suoi fratelli Enzo e Antonio dovranno rimborsarlo di 500 euro ciascuno.

Indennità al coerede che apporta migliorie all’immobile

Il coerede che apporta migliorie all’immobile in comunione ereditaria anticipando le spese occorrenti per i lavori ha diritto, innanzitutto, a ricevere un’indennità commisurata all’aumento di valore del bene per effetto di tali interventi [5] se essi sono tangibili e sussistono al momento della divisione; dovrà quindi trattarsi di migliorie stabili e tendenzialmente permanenti.

Marco ristruttura completamente la casa di campagna dei genitori deceduti e la trasforma in una villa. Tra progettazione, materiali, permessi di costruire, oneri di urbanizzazione e costi dell’impresa edile incaricata, sostiene costi totali per 100mila euro. Può chiedere il rimborso di queste spese ai suoi fratelli e sorelle, ma l’incremento di valore dell’immobile è notevole: ora per il perito esso vale 300mila euro, il triplo di prima. L’indennità per le migliorie compiute da Marco sarà parametrata ai 200mila euro di incremento, rapportati al valore della sua quota ereditaria.

A parte tale indennità per le migliorie, deve essere riconosciuto comunque – anche se non c’era il consenso degli altri – il valore delle spese sostenute dal coerede per le riparazioni straordinarie che si sono rese necessarie all’immobile comune. Tale importo però non è suscettibile di rivalutazione monetaria, dunque la cifra dovuta rimarrà la medesima anche col trascorrere degli anni.

C’è ancora un punto da chiarire: se le opere sono state eseguite da un coerede senza il consenso degli altri, e comunque senza aver ottenuto la maggioranza dei comproprietari, l’indennità pari all’aumento di valore e il rimborso delle spese sono rimedi alternativi e non cumulativi: non potranno cioè essere richieste entrambe. È il frequente caso del coerede che, prima della divisione, ha posseduto il bene in via esclusiva ed ha ritenuto di apportarvi miglioramenti che ne hanno incrementato il valore, così operando – come afferma la Cassazione in una recente pronuncia [6] – «quale mandatario o utile gestore», anche a favore degli altri coeredi, che indirettamente hanno tratto beneficio dalla sua attività. In quel caso, spetterà a lui decidere se domandare loro l’indennità per le migliorie o il rimborso delle spese sostenute per il bene comune e il calcolo di convenienza avverrà confrontando l’importo speso e l’incremento di valore ottenuto; quest’ultimo, però, andrà rapportato alle quote di spettanza ereditaria, sicché in molti casi, specialmente se i coeredi sono molti, sarà preferibile per chi ha pagato i lavori chiedere agli altri coeredi il rimborso delle spese, che è già stato interamente sostenuto e ora dovrà essere rimborsato.

note:

[1] Art. 720 Cod. civ.

[2] Art. 1105 Cod. civ.

[3] Art. 1108 Cod. civ.

[4] Art. 1110 cod. civ.

5] Art. 1150 Cod. civ.

[6] Cass. ord. n. 8938 del 31.03.2021.

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