Polizza vita: può essere pignorata? La disciplina della responsabilità penale.

Polizze assicurative, previdenziali e di risparmio o investimento: il caso delle polizze linked.

Inizialmente nate con lo scopo di tutelare la famiglia dal rischio di morte del componente economicamente più importante – di solito il marito/padre – oggi le polizze vita si sono evolute in veri e propri strumenti di investimento. Questo mutamento della natura, da previdenziale a speculativa, ha posto un dubbio: «La polizza vita può essere pignorata?».

Sulla questione si è già espressa la Cassazione con alcune sentenze che dimostrano un forte adeguamento ai tempi. Prima ancora di comprendere se la polizza vita può essere pignorata è necessario fare un passo indietro e vedere innanzitutto cosa sono le polizze vita, quali sono le tipologie e, soprattutto, cosa prevede il Codice civile in merito ai diritti dei creditori.

Indice:

1 Cosa sono le polizze vita?

2 Quanti tipi di polizze vita ci sono?

3 Cosa sono le polizze linked?

4 Vantaggi delle polizze vita

5 Le polizze vita sono pignorabili?

6 Come stabilire se la polizza vita è pignorabile?

Cosa sono le polizze vita?

L’assicurazione sulla vita (detta anche polizza vita) è il contratto con cui una parte (assicuratore), dietro il pagamento di un premio da parte di un soggetto (contraente-assicurato), si obbliga a pagare un capitale o una rendita ad un altro soggetto (beneficiario) al verificarsi di un evento attinente alla vita umana dell’assicurato.

In molti casi, nelle assicurazioni vita, sono contenute garanzie complementari che prevedono la copertura di altri rischi (ad esempio: invalidità, malattia, spese mediche, non autosufficienza).

Quanti tipi di polizze vita ci sono?

La tradizionale funzione dell’assicurazione sulla vita è di natura assicurativa: si tratta in questo caso di una garanzia per il rischio di morte di colui che porta a casa il reddito più alto.

Le polizze vita però possono anche avere una natura previdenziale. In questo caso, la polizza serve per garantire a sé e/o alla propria famiglia una rendita o un capitale, assicurandosi in questo modo una pensione integrativa.

La polizza vita può infine avere una funzione di risparmio e di investimento: nel mercato assicurativo si sono gradualmente affermati tipi di prodotti nei quali è sempre più marcata la componente finanziaria.

Cosa sono le polizze linked?

Come detto, alcune polizze vita sono vere e proprie forme di investimento. In questo caso, vengono dette polizze linked, vale a dire contratti di assicurazione le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni oppure a indici o ad altri valori di riferimento (ramo III).

Si tratta, in pratica, di prodotti che combinano la componente assicurativa con una sorta di valorizzazione del risultato economico nel tempo.

In questi contratti, dunque, la prestazione dell’assicurazione non è determinata al momento della conclusione del contratto, ma può variare nel tempo in base alle fluttuazioni di un bene oggetto di contrattazioni sul mercato finanziario.

Vantaggi delle polizze vita

I principali vantaggi della stipulazione di un contratto di assicurazione sulla vita, oltre a quelli di natura fiscale, derivano dal fatto che le somme dovute dall’assicuratore (capitale o rendita) al contraente o al beneficiario:

non rientrano nell’asse ereditario: questo significa che il beneficiario della polizza può anche rinunciare all’eredità senza perdere il premio della polizza vita;

sono impignorabili e insequestrabili salvo quando si commette un reato [Cass. pen. 6 maggio 2014 n. 18736, Cass. pen. 29 luglio 2013 n. 32809];

in caso di fallimento del contraente o del beneficiario si ritengono escluse dallo spossessamento fallimentare. Il contratto di assicurazione può continuare con il fallito e il fallimento non scioglie il contratto.

Le polizze vita sono pignorabili?

Vediamo ora se la polizza vita può essere pignorata. L’articolo 1923 del Codice civile stabilisce quanto segue: «Le somme dovute dall’assicuratore, in relazione ad una assicurazione sulla vita, al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare».

Questa norma farebbe quindi pensare che, in generale, tutte le polizze vita sono impignorabili. Ma non è così. I giudici infatti ritengono che le polizze linked, attesa la loro particolarità rispetto ai tradizionali contratti di assicurazione sulla vita, siano invece pignorabili.

Secondo la Cassazione, se la polizza vita, in concreto, non ha natura previdenziale ma scopo speculativo, può essere soggetta a pignoramento e a sequestro sia preventivo [2] che conservativo [3]. Si tratterebbe infatti di una forma di investimento finanziario, non meritevole delle garanzie riservate dal citato articolo 1923 del Codice civile alle altre polizze vita tradizionali.

Come stabilire se la polizza vita è pignorabile?

A questo punto, per stabilire se la polizza vita è pignorabile, bisogna individuare con precisione la sua natura e comprendere se è previdenziale o speculativa. Solo in questo secondo caso, come detto, essa sarebbe sequestrabile e pignorabile.

Secondo alcuni giudici, gli elementi che dovrebbero portare il risparmiatore a ritenere di avere tra le mani un prodotto non previdenziale sono la possibilità di richiedere in qualsiasi momento il riscatto, la corresponsione del premio in unica soluzione, anziché con versamenti frazionati nel tempo, la durata fissa del contratto, la redditività determinata esclusivamente dal rendimento finanziario del valore di riferimento [4].

Si segnala, a riguardo, una pronuncia della Cassazione del 2017 [5] a norma della quale può essere sequestrabile la somma riscattata di una polizza sulla vita se contratta per finalità finanziarie e non previdenziali. In particolare, la Corte sostiene che: «Le somme derivanti dal riscatto di una polizza assicurativa sulla vita sono assoggettabili a sequestro conservativo se, considerate le concrete pattuizioni contrattuali, la polizza presenta natura e finalità non previdenziali, ma di strumento finanziario».

Anche la giurisprudenza di primo e secondo grado ha ormai sposato questo indirizzo. Secondo il tribunale di Brescia [6]: «I crediti derivanti da polizze assicurative miste quali le c.d. polizze unit linked non sono assoggettabili ad azioni esecutive, nella fase di accumulo del montante. In un contratto di assicurazione sulla vita c.d. multiramo, caratterizzato dalla combinazione di tre prodotti, il prodotto finanziario-assicurativo di tipo unit-linked , caratterizzato dal fatto che il rendimento dipende dall’andamento dell’investimento sottostante in quote OICR o fondi interni, rientra a pieno titolo nella nozione di contratto assicurativo sulla vita, anche alla luce delle norme europee (Reg. n. 1286/2014 e Direttiva 2016/97 ) e, pertanto, non può essere sottoposto ad esecuzione (nel caso di specie, il Tribunale ha accolto l’opposizione alla procedura esecutiva presso terzi, relativamente al pignoramento di crediti derivanti dalla sottoscrizione di polizze unit-linked)».

Note:

[1] Cass. pen. 6 maggio 2014 n. 18736 (((Polizze assicurative sulla vita

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III PENALE (Presidente Squassoni – Relatore Ramacci)

Ritenuto in fatto

  1. Il Tribunale di Foggia, con ordinanza del 30.9.2013 ha respinto l’appello avverso il provvedimento con il quale, in data 15.7.2013, il Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale aveva rigettato la richiesta di revoca del sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, di tre polizze assicurative sulla vita, fino alla concorrenza della somma di Euro 5.239.296,91, disposto nei confronti di G.N. con riferimento al reato di cui agli artt. 81 cod. pen. e 3 d.lgs. 74/2000.

Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia.

  1. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rilevando che le polizze assicurative non sarebbero sequestrabili in ragione di quanto disposto dall’art. 1923 cod. civ., il quale stabilisce che le somme dovute dall’assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare.

Osserva che a nulla rileverebbe il richiamo, operato dal G.I.P. e dal Tribunale, alla decisione n. 10532/2013 delle Sezioni Unite Civili di questa Corte, riguardando tale sentenza la confisca, che è un provvedimento definitivo e non anche il sequestro preventivo e che trattasi di fattispecie tra loro non assimilabili.

Osserva, infine, che il provvedimento sarebbe inoltre caratterizzato da motivazione infondata o, quanto meno, contraddittoria.

Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.

Considerato in diritto

  1. Il ricorso è inammissibile.

Occorre preliminarmente ricordare che l’articolo 325 cod. proc. pen. consente il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse a norma dell’articolo 322-bis cod. proc. pen. solamente per violazione di legge.

Sul punto si sono espresse anche le Sezioni Unite di questa Corte, le quali, richiamando la giurisprudenza costante, hanno ricordato che “…il difetto di motivazione integra gli estremi della violazione di legge solo quando l’apparato argomentativo che dovrebbe giustificare il provvedimento o manchi del tutto o risulti privo dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di ragionevolezza, in guisa da apparire assolutamente inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dall’organo investito del procedimento” (SS. UU. n. 25932, 26 giugno 2008. Conf. Sez. V n. 43068, 11 settembre 2009.V. anche Sez. VI n. 6589, 11 febbraio 2013).

Da ciò consegue che l’ordinanza impugnata non può essere censurata, in questa sede, per ciò che concernerne la motivazione, la quale, in ogni caso, non presenta affatto vizi così radicali quali quelli indicati dalle decisioni in precedenza richiamate risultando, al contrario, adeguatamente motivata con pertinenti richiami alla giurisprudenza di questa Corte.

Detti riferimenti, peraltro, non sono limitati, come si dirà tra breve, al mero richiamo della sentenza 10532/2013 delle Sezioni Unite Civili di questa Corte, che viene indicata quale conferma dei contenuti di altre pronunce delle sezioni penali, le quali hanno espressamente riconosciuto la possibilità di assoggettare a sequestro preventivo le polizze assicurative sulla vita.

  1. Di ciò non si cura, però, il ricorrente, il quale si limita alla mera riproposizione, senza formulazione di specifiche doglianze, della soluzione interpretativa già motivatamente confutata dai giudici dell’appello, i quali hanno peraltro specificato, nella premessa del provvedimento impugnato, che la tesi prospettata consisteva nella sostanziale reiterazione di quanto già sottoposto all’esame del G.I.P a sostegno dell’istanza di revoca della misura reale.
  2. Ciò detto, deve osservarsi che, come accennato in precedenza, l’ordinanza impugnata risulta perfettamente allineata alla costante giurisprudenza di questa Corte, che pare pertanto opportuno richiamare, perché pienamente condivisa dal Collegio, il quale non intende discostarsene.

Con una prima pronuncia (Sez. II n. 16658, 2 maggio 2007) si è infatti chiarito che il divieto di sottoposizione ad azione esecutiva e cautelare, stabilito dall’art. 1923 cod. civ., richiamato anche dall’odierno ricorrente, attiene esclusivamente alla definizione della garanzia patrimoniale a fronte della responsabilità civile e non riguarda la disciplina della responsabilità penale.

Nell’occasione si evidenziavano anche le differenze tra il sequestro preventivo e le fattispecie civilistiche cautelari ed espropriative, considerando che la misura cautelare reale non presuppone alcuna responsabilità civile ed è, anzi, indipendente dall’effettiva causazione di un danno quantificabile e non prelude ad alcuna espropriazione, essendo semmai finalizzato alla confisca, provvedimento sanzionatorio che prescinde dal danno e considera solo l’esistenza di un particolare rapporto di strumentalità o di derivazione tra la cosa e il reato.

Si constatava, inoltre, l’irrilevanza di eventuali richiami alla giurisprudenza in tema di sequestro conservativo disposto nel processo penale, trattandosi della medesima misura cautelare  disciplinata dal codice di procedura civile ed avente finalità diverse.            

Il principio è stato successivamente ribadito (Sez. VI n. 12838, 4 aprile 2012), ricordando che quanto disposto dall’art. 1923 cod. civ. riguarda i rapporti civilistici, come confermato anche dalla giurisprudenza civile (SS. UU. Civili n. 8271, 31 marzo 2008). A conclusioni analoghe sono peraltro pervenute altre decisioni, che hanno escluso la rilevanza della richiamata disposizione civilistica (Sez. III n. 32813, 29 luglio 2013; Sez. III n. 32809, 29 luglio 2013; Sez. VI n. 1283, 10 gennaio 2013; Sez. II n. 23815, 7 luglio 2006; Sez. II n. 20291, 4 maggio 2004, tutte non massimate).

  1. A fronte di tale uniforme orientamento, richiamato anche nel provvedimento impugnato, l’attenzione del ricorrente si è posta, come si è detto, soltanto sul richiamo alla sentenza 10532/2013 delle Sezioni Unite Civili, che i giudici dell’appello hanno menzionato quale mera conferma della correttezza dell’indirizzo interpretativo dettato dalla ricordata giurisprudenza penale, avendo tale pronuncia stabilito che nel conflitto tra l’interesse del creditore a soddisfarsi sull’immobile ipotecato e quello dello Stato a confiscare i beni, che siano frutto o provento di attività mafiosa, deve prevalere il secondo.
  2. Alla luce delle considerazioni dianzi svolte deve pertanto, ancora una volta, affermarsi il principio secondo il quale la misura cautelare reale del sequestro preventivo può essere applicata anche alle polizze assicurative sulla vita, a nulla rilevando, a tal fine, il divieto di sottoposizione ad azione esecutiva e cautelare, di cui all’art. 1923 cod. civ.
  3. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.), Cass. pen. 29 luglio 2013 n. 32809))).

[2] Cass. pen. 8 aprile 2014 n. 18736

[3] Cass. pen. 13 maggio 2014 n. 43503

[4] Trib. Parma 10 agosto 2010.

[5] Cass. pen. , sez. VI , 12/09/2017 , n. 47012.

[6] Trib. Brescia, sent. del 13.06.2018.

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