Gratuito patrocinio, l’art 134, 5° comma. Testo Unico delle Spese di Giustizia.

Gratuito patrocinio, l’art 134, 5° comma. Testo Unico delle Spese di Giustizia.

In occasione di una riflessione condotta[1] qualche anno addietro sulla disciplina prevista nell’art.134[2] del Testo Unico delle Spese di Giustizia[3], avevamo evidenziato alcuni dubbi interpretativi sollevati dalle previsioni contenute nel citato articolo – in particolar modo con riferimento a quanto riportato nel quinto comma dello stesso – in uno alle conseguenti perplessità operative circa gli adempimenti da tenersi a cura delle cancellerie.

In breve sintesi, è sufficiente qui ricordare come l’ipotesi “fisiologca” della dinamica processuale vorrebbe il non abbiente quale vincitore del giudizio civile instaurato – alla luce della preventiva valutazione circa la non manifesta infondatezza della pretesa che si intende far valere condotta dal Consiglio dell’Ordine forense competente a ricevere l’istanza di ammissione al patrocinio a carico dello Stato[4] – e, dunque, il recupero delle spese erogate in suo favore attivato e perseguito ai sensi dell’art. 133 TUSG[5], in presenza di una sentenza definitiva di condanna[6] che, nello statuire anche sulla disciplina delle spese secondo il generale principio della soccombenza[7], legittimi la cancelleria ad operare il recupero nei confronti del soccombente abbiente[8].

Rispetto a tale impianto, l’art. 134 TUSG sarebbe destinato ad operare nell’ambito tendenzialmente residuale o di mancato recupero ai sensi dell’art. 133 TUSG in presenza o meno del titolo legittimante il recupero  (I° e parte del II comma con la regola del “sestuplo” per le spese prenotate) ovvero di esaurimento del giudizio in mancanza di una sentenza di merito nel qual caso non è consentito individuare un “soccombente” tenuto alla refusione delle spese erogate dallo Stato quali la transazione, la rinuncia, l’estinzione, la cancellazione della causa dal ruolo nonché i generali casi di “estinzione” diversi da quelli prima menzionati ( III°, IV° e V° comma, prima parte).

L’art. 134 TUSG, quindi, potrebbe “spacchettarsi” in due macro aree che per comodità potremmo denominare a giudizio concluso “con sentenza” o “con altro” ed è proprio quest’ultima area a lasciar residuare qualche spunto di riflessione ulteriore.

Senza alcuna pretesa di addentrarci in approfondimenti che appartengono ad altri ambiti di riflessione e di studio, è sufficiente qui ricordare che, “calando” il precipitato nei generali principi che informano il giudizio civile[9] all’istituto patrocinio statale,

ove l’attore o impugnante nel giudizio sia l’ammesso al patrocinio, costui è onerato di far giungere il giudizio ad una pronuncia di merito che possa aprire le porte al recupero da parte dello Stato delle spese erogate in suo favore dallo Stato che gli ha “finanziato” il giudizio; pertanto, se costui rinuncia all’azione o lascia negligentemente estinguere il giudizio, lo Stato, non potendo sprecare risorse, agisce nei suo confronti per il recupero delle spese anticipate e prenotate (con quale prospettive e probabilità di concreto recupero è facile, tuttavia, immaginare),

ove l’attore o impugnante nel giudizio sia il “ricco” e costui rinunci all’azione o lasci negligentemente estinguere il giudizio instaurato, lo Stato ha diritto di recuperare nei confronti di questo le somme prenotate a debito a favore del non abbiente/convenuto posto che quest’ultimo non ha interesse ad opporsi alla rinuncia o a coltivare il giudizio da altri inutilmente promosso.

A fronte di tale “gioco” processuale delle parti, il V comma dell’articolo in esame   desta non poche perplessità[10] sia per la scarsa chiarezza delle ipotesi ivi riconducibili sia, soprattutto, per la limitazione del vincolo di solidarietà delle parti limitato alle sole spese prenotate a debito a favore dell’ammesso al patrocinio per l’intuibile onere erariale di tale scelta. Infatti, anche a voler attribuire al V comma la funzione di chiusura del sistema contemplando le ipotesi di cd. “diserzione bilaterale”[11] dall’udienza ovvero di “estinzione diversa” dai casi contemplati nei commi II e IV[12], il regime previsto con riferimento alla sopportazione delle spese tende ad apparire non del tutto adeguato soprattutto nell’ipotesi in cui le parti non si presentino in udienza abbandonando “informalmente” la lite per un accordo in altro modo raggiunto. Sul punto la previgente disciplina[13] sembra mostrarsi piu’ arguta e la limitazione della solidarietà tra le parti nelle rifusione allo Stato delle sole spese prenotate a debito era coerente alla generale impostazione del sistema allora vigente che non contemplava la anticipazione delle somme da parte dell’erario.

Le perplessità meramente operative circa l’ambito dell’attività di recupero intrapresa dalle cancellerie sono state chiarite dal competente ufficio ministeriale condividendo la soluzione interpretativa prospettata dall’Ufficio giudiziario proponente lo specifico quesito “attesa la chiarezza del disposto normativo di cui all’art. 134, comma 5 del DPR 115/2002, che ha ad oggetto le sole spese prenotate a debito, e non anche le spese anticipate”[14]. Il tranquillizzante chiarimento ministeriale, quindi, definisce “a ribasso” l’ambito delle possibili attività di recupero (e le conseguenti responsabilità) azionabili da parte delle cancellerie nelle ipotesi di cui all’art. 134, comma 5 TUSG.

Tuttavia, alla luce delle considerazioni sulle implicazioni erariali della materia cui piu’ sopra si è fatto breve cenno e soprattutto considerando le intervenute modifiche della disciplina processualcivilistica che costituisce lo scenario normativo di riferimento su cui “innestare” le ipotesi contemplate nel TUSG, non parrebbe puro diletto insinuare qualche ulteriore elemento di riflessione.

In particolar modo, si potrebbe operare un riscontro tra la principale ipotesi del comma 5 dell’articolo in esame (cancellazione della causa dal ruolo di cui all’art. 309 c.p.c.) e la complessiva disciplina articolata dagli artt. 307[15] cpc. e 181[16],1 comma, c.p.c.

Posto che l’estinzione del giudizio è una forma di anomala chiusura del procedimento conseguente, per quanto qui di interesse, all’oggettivo comportamento inattivo delle parti a compiere atti entro termini perentori previsti dal giudice o dalle legge in ipotesi specifiche, l’effetto estintivo puo’ esser mediato da una fase di quiescenza processuale reversibile (art. 307, co. 1 c.p.c.)

ovvero,

determinarsi insanabilmente quale conseguenza immediata dell’omissione (art. 307, co. 2, 3 c.p.c.).

Orbene, il TUSG all’art. 134, co.5, limita la ripetibilità delle sole spese prenotate alle ipotesi delle “cause cancellate dal ruolo ai sensi dell’art. 309 cpc” che, quindi, per il tramite del rinvio al testo dell’art. 181, primo comma, cpc per come vigente nel 2002, perché solo “espulse” dal ruolo ma ancora pendenti, ben avrebbero potuto esser riassunte entro i termini fissati dal legislatore, ponendo termine alla fase “letargica”[17]. All’atto della redazione dell’art. 134 TUSG (siamo nel 2002) tali casi erano riconducibili alla previsione di cui al primo comma dell’art.307 cpc, e mantevano un’autonoma configurazione rispetto alle ipotesi di cui all’art.134, 2 comma (attore non abbiente negligente) e art. 134, 4 comma (attore negligente diverso dal non abbiente) ove l’estinzione consegue irreparabilmente all’omissione dell’atto nel termine perentorio previsto dalla legge o dal giudice e, pertanto, entrambe riconducibili alla disciplina di cui art. 307, co. 2 e 3.

Tale assetto, che pur suscitava piu’ di una qualche perplessità, potrebbe aver subito un corto circuito a seguito della modifica da ultimo operata all’art.181, comma 1 cpc.[18] cui l’art. 309 cpc fa rinvio “in bianco”, per cui, anche se esula dall’intento di questa breve riflessione lo scandagliare nei dettagli l’impatto dei molteplici interventi legislativi che al riguardo si sono succeduti[19], limitandoci a focalizzare l’attenzione solo sull’argomento che qui interessa, un diverso scenario di riferimento potrebbe non del tutto escludersi.

Nell’intento, infatti, di imprimere un ritmo acceleratorio al processo e sanzionare comportamenti inattivi in corso del giudizio, se alcuna delle parti compare all’udienza successiva alla prima andata deserta oppure – grazie al rinvio operato dall’art.309 cpc. – alle udienze successive alla prima, appositamente fissate dal giudice e comunicate a cura della cancelleria alle parti costituite, il giudice, per il “nuovo” art. 181, primo comma, cpc, ordina non soltanto la cancellazione della causa dal ruolo ma dichiara l’estinzione del processo. La doppia diserzione bilaterale determina, pertanto, la anticipata ed immediata chiusura del giudizio senza passare per la fase di quiescenza di cui all’art.307, comma 1 che non risulterebbe, pertanto, piu’ applicabile al caso in esame. Le parti inattive, quindi, vengono private del potere di ulteriormente disporre del giudizio instaurato e di incidere sulla dinamica processuale e tale intento del legislatore è ulteriormente rafforzato con quanto sarà successivamente disposto con la modifica all’art.307, comma 1[20] e comma 4 cpc[21].

Alla luce di tali brevi considerazioni, sembrerebbe meno netta la distinzione quanto agli effetti concreti (e, per quanto qui di interesse, per le possibilità di recupero delle somme anticipate per finanziare il giudizio) tra l’inerzia bilaterale di cui all’art.134, comma 5 e le ipotesi di inerzia unilaterale di cui al comma 2 (attore negligente ammesso al patrocinio) ovvero al comma 4 dello stesso articolo (attore negligente diverso dalla parte ammessa) versandosi in situazioni che determinano l’estinzione del giudizio senza fase di quiescenza alcuna.

Al contempo, l’art.128 TUSG[22] sembrerebbe aver perso ulteriore mordente rispetto alle stesse disposizioni processualistiche interessate per come vigenti al 2002[23].

Soprattutto, appare ancor piu difficoltoso e “dolente” per le casse dello Stato comprendere perché, oltre il mero tenore letterale della norma agganciata a cause che “cancellate” piu non sono, dovrebbe esser circoscritta l’azione di recupero alle sole spese prenotate (che, tutto sommato, hanno un costo minore rispetto alle anticipate basti pensare agli importi liquidati per il pagamento dei compensi del difensore ovvero di un c.t.u.) nei casi in cui entrambi i contendenti non hanno coltivato il giudizio che presenta una parte ammessa al patrocinio, semmai, raggiungendo un informale accordo in altra sede …. lasciando le casse erariali animate da nobilissimi e garantisti principi…. come “Zeza coi ricci fatti”.

Senza considerare, inoltre, che anche nelle ipotesi di diserzione bilaterale è individuabile una parte attorea e un convenuto che rendono lo schema processuale con il relativo “peso” quanto a onere a proseguire il giudizio riconducibile, comunque, ai paradigmi generali di cui al secondo ovvero al quarto comma dell’articolo in esame, a seconda di quale parte sia ammessa al patrocinio.

Sarebbe, pertanto, quanto meno interessante monitorare quante siano le cause con parti ammesse al patrocinio dello Stato che “scompaiono” dalle aule di giustizia per inattività bilaterale dopo esser state “finanziate” dallo Stato e a quanto ammontino le somme anticipate dall’erario che restano a carico dello stesso per impossibilità di procedere al recupero.

Lascia un commento

Post Recenti

  • 0923 711979 - 347 0709326
  • info@avvocatogiuseppegandolfo.it
  • Via G. Garibaldi, 15 - Marsala

Seguimi su