Il padre che non mantiene i figli deve risarcire l’ex. Sentenza della Corte Suprema di Cassazione, n.4677/2021.

Il padre che non mantiene i figli deve risarcire l’ex. Sentenza della Corte Suprema di Cassazione, n.4677/2021.

Per la Cassazione scatta il risarcimento del danno morale al genitore affidatario a cui l’altro non versa integralmente l’assegno per il mantenimento dei figli (violazione obblighi assistenza familiare in caso di separazione o divorzio).

Spetta il risarcimento del danno morale al coniuge affidatario se quello obbligato a versare il mantenimento per i figli non versa l’importo integrale stabilito in sede civile, perché in questo caso viene leso un suo legittimo diritto di credito. Questo quanto sancito dalla Cassazione, nella sentenza n. 4677/2021 (sotto allegata) che ha deciso sull’impugnazione della sentenza della Corte d’Appello che, riformando solo in parte la sentenza di primo grado, ha rideterminato la pena per il reato di cui all’art. 570 c.p. bis che punisce la “Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio.”

L’imputato però ricorre in Cassazione sollevando ben 4 motivi di ricorso.

Con il primo ritiene che il reato contestato non possa configurarsi in presenza di pagamenti parziali.

Con il secondo lamenta la valutazione sulla mancata prova sull’impossibilità economica di provvedere al mantenimento dei figli e sulla qualificazione della sua incapacità economica solo come momentanea.

Con il terzo contesta la mancata estromissione della parte civile dal procedimento stante la tardività della sua costituzione, l’assenza dei presupposti per la stessa e la rilevata difformità tra chiesto e pronunciato.

L’imputato segnala inoltre come parte civile si sia costituita in proprio e non in nome dei figli, ragion per cui la richiesta risarcitoria deve considerarsi estranea alla condotta contestata, visto che riguarda il mantenimento della prole.

Con il quarto infine denuncia l’intervenuta prescrizione del reato.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 4677/2021 dichiara il ricorso inammissibile per le seguenti ragioni.

Prima di tutto la Corte precisa che il reato di cui all’art. 570 bis c.p. non viene integrato quando non vengono corrisposti i mezzi di sussistenza, ma quando non si provvede a erogare le somme stabilite in sede civile. Il soggetto obbligato non può decurtare la somma stabilita e il giudice non è tenuto ad accertare che sia prodotta o meno la mancanza dei mezzi di sussistenza.

Come ammesso dall’imputato del resto, lo stesso non ha versato integralmente gli importi stabiliti. In questo caso comunque non si può giudicare il fatto come di particolare tenuità, perché le condotte sono ripetute e prolungate nel tempo, per cui il reato deve considerarsi come abituale o a consumazione prolungata.

Inammissibile il secondo motivo relativo al giudizio sull’impossibilità ad adempiere dello stesso anche perché ha prodotto risultanze reddituali compatibili con la possibilità di provvedere al versamento delle somme previste.

Manifestamente infondato in terzo motivo, non solo in relazione alle questioni procedurali sollevate, ma soprattutto in quanto “deve sottolinearsi come al coniuge affidatario debba riconoscersi la qualità di persona offesa e di soggetto legittimato a costituirsi parte civile per ottenere la rifusione dei danni derivanti dalla condotta illecita, consistita nell’omessa corresponsione delle somme previste, sia pur correlate ai figli minori, somme di cui il genitore affidatario è comunque creditore.”

Sono quindi corrette le conclusioni della corte d’Appello, che non solo ha riconosciuto alla madre la piena legittimazione a costituirsi parte civile, ma ha altresì “ravvisato un profilo risarcitorio, correlato al danno morale derivante dalla condotta illecita del ricorrente, tale da giustificare le somme liquidate in favore della parte civile.”

Manifestamente infondato anche il quarto motivo, visto che il termine di prescrizione non era ancora decorso al momento della sentenza d’appello.

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