OBBLIGAZIONI PECUNIARIE: COMPETENZA PRESSO IL CREDITORE SOLO SE IL CREDITO È CERTO, LIQUIDO ED ESIGIBILE
Nelle cause relative ai diritti di obbligazione, il forum destinate solutionis può essere
facoltativamente individuato, sulla scorta del combinato disposto degli artt. 1182, comma 3, c.c. e
20 c.p.c., nel luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione pecuniaria dedotta in giudizio.
La ratio della particolare disciplina dettata in materia di competenza per territorio deve ricondursi
all’intento di garantire la maggiore vicinanza del giudice della causa al luogo ove si trovano gli
elementi di prova da acquisire ai fini della decisione[1].
Dubbi interpretativi, tuttavia, sono stati sollevati, da dottrina e giurisprudenza, circa la nozione di
“obbligazione pecuniaria” in relazione al radicamento della competenza territoriale ai sensi delle
norme di cui si discute.
Secondo un primo orientamento (Cassazione n. 22326/2007), ove la somma di denaro oggetto
dell’obbligazione debba essere ancora determinata dalle parti o, in sostituzione, liquidata dal
giudice mediante indagini e operazioni diverse dal semplice calcolo aritmetico, l’obbligazione è
querable e, quindi, troverà applicazione l’ultimo comma dell’art. 1182, che identifica il luogo di
adempimento nel domicilio del debitore.
L’applicabilità dell’art. 1182 comma 3 c.c. è in questo caso circoscritta alle sole obbligazioni aventi
ad oggetto debiti pecuniari certi, liquidi ed esigibili, ovvero afferenti a somme di denaro
determinate o determinabili attraverso un semplice calcolo aritmetico costruito su dati
precedentemente individuati dalle parti, dalla legge o dagli usi.
Sulla scorta di un secondo orientamento giurisprudenziale, invece, nelle cause relative ai diritti di
obbligazioni pecuniarie, dovrà applicarsi il terzo comma dell’art. 1182 c.c. allorquando l’attore
abbia agito per il pagamento di una somma da lui puntualmente indicata, risultando irrilevante
che la prestazione richiesta non sia convenzionalmente prestabilita.
In altri termini, la maggiore o minore complessità dell’indagine sull’effettiva quantificazione del
credito non influisce sulla individuazione della competenza territoriale, ma afferisce
esclusivamente alla successiva fase di merito, essendo sufficiente ad integrare il requisito della
liquidità dell’obbligazione – al fine di rendere quest’ultima portable ai sensi dell’art. 1182, terzo
comma c.c. – la quantificazione della propria pretesa da parte dell’attore.
Le Sezioni Unite sella Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17989/2016, sono
intervenute a dirimere i contrasti giurisprudenziali sul punto, elaborando il seguente principio di
diritto: ”Le obbligazioni pecuniarie da adempiersi al domicilio del creditore, secondo il disposto
dell’art. 1182, terzo comma, c.c., sono – agli effetti sia della mora “ex re” ai sensi dell’art. 1219,
comma secondo, n. 3, c.c., sia della determinazione del “forum destinatae solutionis” ai sensi
dell’art. 20, ultima parte c.p.c. – esclusivamente quelle liquide, delle quali, cioè, il titolo determini
l’ammontare”.
Quindi, in conseguenza delle diverse posizioni emerse nell’ambito del dibattito giurisprudenziale e
dottrinale sviluppatosi sull’argomento, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, aderendo
all’impostazione tradizionale, hanno ribadito che il forum destinatae solutionis può essere
individuato nel domicilio del creditore ogni qual volta l’obbligazione abbia ad oggetto una somma
certa, liquida ed esigibile derivante da un titolo convenzionale o giudiziale che ne abbia stabilito la
misura.
In assenza di un credito certo, liquido ed esigibile e/o determinato, quindi, l’obbligazione
pecuniaria deve ritenersi illiquida e, pertanto, sarà necessario un passaggio ulteriore,
rappresentato da un ulteriore titolo, convenzionale o giudiziario, che renda l’obbligazione
querable.
Nel puntualizzare le motivazioni della decisione, i giudici di legittimità osservano come la nozione
di obbligazione portabile: “non rileva solo ai fini dell’individuazione del forum destinatae
solutionis, ma anche ai fini del prodursi della mora ex re, ai sensi dell’art. 1219, secondo comma,
- 3 c.c., che esclude la necessità della costituzione in mora quando è scaduto il termine, se la
prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore”.
In sostanza, a fondamento dell’interpretazione restrittiva, la Corte richiama esigenze di tutela del
debitore che ritiene rispettate unicamente ove la liquidità del credito resti “ancorata a dati
oggettivi”; laddove la liquidità, al contrario, venga fatta coincidere con la semplice indicazione
della somma di denaro dedotta in giudizio dall’attore, senza che questa rivenga da un titolo, le
esigenze di protezione del debitore risultano indebitamente frustrate.
In questo caso, infatti: “non il dato oggettivo della liquidità del credito radicherebbe la
controversia presso il forum creditoris, bensì il mero arbitrio del creditore stesso, il quale scelga di
indicare una determinata somma come oggetto della sua domanda giudiziale, con conseguente
lesione anche del principio costituzionale del giudice naturale”, sostengono i Giudici nella
richiamata pronuncia.
Secondo la dottrina maggioritaria[2], la portata del principio di diritto elaborato dai Giudici delle
Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la pronuncia n. 17989/2016 è stato
“dirompente” [3]: il creditore di una somma di denaro derivante da una fornitura di beni che
intende agire in giudizio, per il recupero del proprio credito, in assenza di un valido titolo negoziale
sottoscritto da entrambe le parti (contratto), non potrà rivolgersi al giudice del luogo di propria
residenza ai sensi dell’art. 1182, comma 3 c.c., ma dovrà optare per il foro del debitore oppure per
il foro in cui l’obbligazione è sorta. E ciò, poiché, come noto: “la fattura non può costituire un
valido titolo negoziale nel senso indicato dalle Sezioni Unite, posto che trattasi di un documento di
formazione unilaterale, tanto è vero che, per giurisprudenza costante, da un lato la fattura
costituisce valido titolo per ottenere l’emissione di un decreto ingiuntivo, ma dall’altro lato, in
caso di opposizione da parte del debitore ingiunto, è onere del creditore provare l’esistenza del
contratto inter partes e di aver regolarmente adempiuto la propria obbligazione”.
[1] (Levoni, Competenza nel diritto processuale civile, in Digesto priv., Sez. civ., III, Torino, 1988,
104; Acone-Santulli, Competenza. II) Diritto processuale civile, in Enc. Giur., VII, Roma, 1988, 32)
[2] “Le Sezioni Unite e la nozione di liquidità delle obbligazioni pecuniarie con riferimento alla
disciplina dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali: quando la cura è peggio del
(presunto) male” di Stefano Bastianon, in IlCaso.it, 12 gennaio 2017.
[3] Gran parte della dottrina si era già espressa in tal senso (Cfr. U. Natoli, L’attuazione del
rapporto obbligatorio, in Trattato di diritto civile e commerciale, A. Cicu – F. Messineo, Milano,
1974, XVI, t.1, 162 ss.; C.A. Cannata, L’adempimento in generale, in Trattato di diritto privato
diretto, P. Rescigno, IX, 1, Torino, 1986, 132; U. Breccia, Le obbligazioni, in Trattato di diritto
privato, a cura di G. Iudica – P. Zatti, Milano, 1991, 525 s.; M. Cantillo, Le obbligazioni, in
Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, fondata da W. Bigiavi, I, Torino, 1992,
452 ss.; C.M. Bianca, Diritto civile. IV. L’obbligazione, Milano, 1993, 248; G. Bozzi, Comportamento
del debitore e attuazione del rapporto obbligatorio, in Diritto civile, diretto da N. Lipari – P.
Rescigno, III.1, Milano, 2009, 191).