La banca può compensare i saldi di conti correnti diversi?

Quando il correntista è in rosso ma ha un altro rapporto attivo, anche grazie ad un fido, la banca può soddisfarsi su tali somme e se sì a quali condizioni?

Hai un conto corrente in rosso ed un altro che invece presenta un saldo attivo. Ti chiedi se questi conti possano operare come vasi comunicanti, in modo che la banca possa trasferire il debito dall’uno all’altro per farlo così scomparire ed evitandoti conseguenze peggiori, come la chiusura del rapporto ed una segnalazione in Centrale rischi. Ma potresti avere anche l’interesse contrario, per continuare a disporre liberamente delle somme a tuo credito nonostante gli altri debiti maturati.

La banca può compensare i saldi di conti correnti diversi? La risposta della legge è affermativa ma, come sempre accade con le questioni legali, le cose non sono così semplici come sembrano. Si tratta di vedere innanzitutto se entrambi i conti sono aperti oppure se uno di essi è bloccato o chiuso. Inoltre, occorre che i relativi saldi siano esigibili, e potrebbero non esserlo. Potrebbe poi esserci un patto contrario, stipulato in fase di apertura di uno dei due rapporti o dopo, e questo impedirebbe la compensazione.

Che fare poi se uno dei due conti prevede anche l’apertura di credito, il cosiddetto fido? In questo caso, la Corte di Cassazione [1] afferma che la banca non può trasferire il debito maturato dal cliente, perché fido non significa saldo. Vediamo più da vicino questi aspetti per capire quando e come la banca può compensare i saldi di conti correnti diversi.

Indice:

1 La compensazione in conto corrente: condizioni

2 L’esigibilità dei crediti da compensare

3 Compensazione in conto corrente: come avviene

4 Conto corrente con fido: si può compensare?

La compensazione in conto corrente: condizioni

La legge [2] stabilisce che «se tra la banca e il correntista esistono più rapporti o più conti, ancorché in monete differenti, i saldi attivi e passivi si compensano reciprocamente, salvo patto contrario».

Dunque, ci sono due condizioni affinché possa operare la compensazione in conto corrente: la prima è rappresentata dall’esistenza di due o più conti correnti tra la stessa banca e lo stesso correntista, la seconda comporta che non deve esserci un patto contrario che vieti la possibilità di compensare i relativi saldi.

Questo accordo tra il correntista e la banca può essere raggiunto sia al momento dell’apertura dei conti sia in un momento successivo. Ovviamente, sarà valevole anche se la clausola è prevista in uno soltanto dei due rapporti oggetto di compensazione, bloccandone l’operatività. Quindi, il dissenso del cliente impedisce l’operazione, come ha affermato anche la Corte di Cassazione [3].

Quando si verificano entrambe le condizioni, la banca può automaticamente estinguere il proprio credito con un controcredito del cliente: non occorre nessuna autorizzazione del correntista e nessuna pronuncia del giudice. Questa norma è evidentemente posta a tutela della banca contro gli scoperti: la banca può soddisfarsi su un altro conto corrente acceso dal medesimo correntista presso il suo istituto di credito.

L’esigibilità dei crediti da compensare

I due crediti opposti– quello della banca verso il correntista e viceversa– devono essere entrambi esigibili nel momento in cui viene disposta la compensazione. Ciò avviene quando il cliente presenta un saldo disponibile attivo, che sarebbe dunque immediatamente prelevabile. La legge [4] infatti distingue il conto corrente ordinario, o comune, (nel quale i crediti sono inesigibili e indisponibili sino alla chiusura o alle scadenze stabilite) dal conto corrente bancario e, per quest’ultimo, dispone espressamente che «il correntista può disporre in qualsiasi momento delle somme risultanti a suo credito».

Contemporaneamente, anche il controcredito vantato dalla banca deve essere esigibile, cioè tale da poter essere subito legittimamente richiesto in pagamento per quella somma e senza necessità che si verifichino condizioni ulteriori. I casi più frequenti nella pratica sono:

le rate di mutuo scadute, quando viene oltrepassata la scadenza stabilita per il loro puntuale pagamento;

gli scoperti sul conto corrente (è il fenomeno comunemente chiamato del “conto in rosso“);

le linee di credito rimaste inadempiute, come quando un finanziamento o un prestito non viene rimborsato entro i termini stabiliti;

gli interessi passivi, che possono essere richiesti per legge [5] a partire dal 1° marzo successivo all’annualità cui si riferiscono.

Anche la giurisprudenza afferma che la compensazione tra saldi attivi e passivi di conti correnti diversi richiede che i contrapposti crediti siano esigibili e può avvenire anche se uno o entrambi i conti sono stati chiusi [6].

Compensazione in conto corrente: come avviene

Tecnicamente, l’operazione di compensazione in conto corrente avviene in modo molto semplice, con un “giroconto” operato dalla banca che annota il prelievo da un conto e il versamento sull’altro; nella causale descrittiva di entrambi i movimenti sui rispettivi conti, ovviamente, dovrà risultare questa avvenuta compensazione, in modo da informare il correntista dell’accaduto.

Un fenomeno interessante è che se il correntista fallisce dopo la compensazione, l’estinzione del suo debito verso la banca non è un pagamento revocabile ai sensi della Legge fallimentare [7]. Ciò significa che, in presenza di rapporti esigibili, la banca può soddisfare prima il suo credito mentre gli altri creditori non potranno obiettare nulla e non avranno modo di recuperare in loro favore quelle somme.

Conto corrente con fido: si può compensare?

Quando uno dei due conti correnti è affidato, cioè è assistito da un’apertura di credito, la banca può operare la compensazione con i saldi attivi di altri conti dello stesso cliente non immediatamente ed automaticamente, ma soltanto alla scadenza del termine prefissato dal contratto. Questo sempre se il limite di fido è stato rispettato e dunque non si è verificato uno sconfinamento; altrimenti, la banca potrà compensare il credito, ma dovrà comunque attendere la scadenza del preavviso intimato per il rientro.

Quindi, se l’apertura di credito è attiva ed operante, e il limite concesso non è stato superato dal correntista, la banca non può eseguire la compensazione. A tal proposito, la Cassazione in una nuova pronuncia [1] ha precisato che la banca non può trasferire il debito del cliente sul conto affidato e garantito da ipoteca. In tal caso, infatti, il credito vantato dalla banca «non può considerarsi liquido ed esigibile fino a quando l’accreditato non abbia inteso utilizzare, in tutto in parte, la somma di cui ha acquistato il diritto di disporre».

 

 

La banca potrà compensare il debito del cliente soltanto nel momento in cui egli preleverà effettivamente la somma affidata e posta a sua disposizione, anche usandola per emettere assegni o eseguire bonifici, ma fino a quel momento manca un suo utilizzo concreto ed essa non rappresenta una passività liquida ed esigibile nei confronti del correntista, rimanendo ancora di proprietà della banca stessa.

Note:

[1] Cass. ord. n. 10117 del 16.04.2021.

[2] Art. 1853 Cod. civ.

[3] Cass. sent. n. 1445 del 23.01.2020.

[4] Art. 1852 Cod. civ.

[5] Art. 120 D.Lgs. n. 385/1993 (Testo Unico Bancario).

[6] Cass. sent. n. 512 del 15.01.2016.

[7] Art. 67 e art. 56 R.D. n. 267/1942 (Legge Fallimentare).

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